4 Orquestas e una douce femme

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29.0 – Demoliendo Tangos – Sexteto Milonguero – Color Tango – Tango Spleen.

Mi sembra che qualcosina di più… sia accaduta…
Qualcosina
…?

-Ti sono piaciuti…?
Ci troviamo in un posto privilegiato, una specie di soppalco galleria: in alto.
Annachiara (una sola parola con la c minuscola) è inginocchiata sul sedile della poltroncina a fianco alla mia, con i gomiti appoggiati su un muretto che fungendo da parapetto, dà stabilità alla nostra inedita posizione. Il viso è rivolto verso lo schienale a guardare sotto, in platea curiosando chi sta ballando e con chi.
La sala si è da poco vuotata e i nostri occhi sono fissi in direzione del palco più in là, proprio di fronte a noi.

Lei rilassata e apparentemente distaccata, mi guarda con un sorriso lieve, appena abbozzato, gli occhi neri bene aperti, e un’espressione del viso perplessa, incorniciata da rade lentiggini. Per qualche secondo mi fissa gli occhi, le sue labbra naturali senza rossetto restano chiuse. Pur senza dire una parola, mi sta rispondendo. Come me non sa che dire di questa aperture dei Demoliendo Tangos.

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Demoliendo Tangos

“Come il faut”, il brano scelto da questi due giovani esegeti della musica di Buenos Aires, è suonato e interpretato senza melodia. L’arrangiamento, privato dell’anima passionale tipica della terra da cui provengono, è crudo.

Così i porteños definivano, ai tempi della grande crisi Argentina del duemila, una gallina inconsapevole della sorte, che attraversando la strada, l’avrebbe attesa sul marciapiede opposto: non viva, bensì ancora…cruda.

Il suono è morfologicamente duro, a tratti stridente e fastidioso. Predominano virtuosismi e capacità tecnica. La padronanza degli strumenti è esplicita e assoluta. Gli spartiti sono sottomessi senza appello a pianoforte e bandoneon che paiono dei mitra in mano a due cadetti.

Si presentano così i Demoliendo Tangos, senza alcuna pietà per i timpani di chi è lì per adorarli, più che ascoltarli.
Un po’ pateticamente, indotti dalle circostanze, si sono fatti accompagnare sul palco da un gruppetto di gentili milongueras di casa nostra, elegantissime, con un trucco marcato, tipo da wedding day.

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Loro i Demoliendo, imbarazzati da tanta accoglienza, si sfogano come possono con questo primo tango: “Comme il faut” composto agli inizi del secolo scorso, ai primordi dell’epopea tanguera, da Eduardo Arolas (al secolo Lorenzo Arola).
Si tratta di un mito. Le vicende di questo autore e musicista di tango, largamente misconosciute, sono state ricostruite da ammiratori, che diventati studiosi, hanno dato corpo ad una biografia che ha ceduto senza parsimonia ad ampi tratti di leggenda.

Si racconta che Arrolas, figlio di immigrati della prima ora, fosse un genio nel maneggio del bandoneon e sopratutto del coltello. Le note di “Comme il faut”, drastiche e senza compromessi, esprimono proprio la rabbia di un coltello a serramanico infilzato nella carne (basta un po’ di immaginazione).

Seguono altri brani magnificamente e asetticamente interpretati. I Demoliendo si astraggono come se si trovassero in un luogo vuoto, senza pubblico: sembra suonino per loro stessi, distaccati da chi sta sotto o in parte al palco, o sopra come noi, tutti attenti e impegnati a non perdere nemmeno una nota. Si fermano, c’è un caloroso applauso, parlano: invitano a ballare… Si balla… non per passione di questa musica, ma perché una serata del genere non si può onorare se non ballando.

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Annachiara ed io, come gli altri, non ci facciamo pregare: scendiamo e uno dopo l’altro balliamo questi tanghi, difficili da riconoscere. Classici con arrangiamenti che non lasciano alcun pertugio alla leggerezza e alla passione. Il suono è sempre impeccabile, preciso…, troppo preciso.

Ballare con Annachiara è una fortuna. Si lascia abbracciare con molta pacatezza e tenerezza. Il suo corpo, compostamente sensuale, non rilascia alcuna tensione o resistenza: chiede soltanto e pretende, grande rispetto. Questa mia amica, questa premurosa madre coraggio, sempre pronta a regalare una parola, un sorriso, un’occhiata, balla il tango come si dovrebbe: in quei tre minuti o poco più si libera di tutto, di ogni pensiero, di ogni influenza, di ogni presenza, di ogni ricordo. Riesce, anche grazie al suo spirito ed alla sua abitudine nella meditazione, a restare da sola… sguarnita…, in compagnia di te che in quel momento la stai guidando come fosse il tango… di una vita.

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Non esagero… è proprio così.
È una donna…, non un angelo: ama la nutella… non dovrebbe…, ma chi è… senza “peccato”…?, veniale come questo succedaneo della felicità a base di nocciole e cacao.
Alcuni mesi fa, durante un brano allegro di Enrique Rodriguez, una mia grave disattenzione ha causato a lei incolpevole, più di qualche guaio fisico. Da allora ad ogni mio invito, non manca mai di lanciarmi un veloce sguardo di innocuo rimprovero, come a dire: occhio a non fare più cazzate… mi raccomando… altrimenti con te non ci ballo… Io prendo e incasso …, tanda dopo tanda…!

Finalmente arrivano i brani che tutti…, molti conoscono, i pezzi originali, il vero marchio di fabbrica dei Demoliendo. Partiture scritte da lui il pianista: Federico Mizrahi unanimemente considerato fra i migliori compositori della nuova generazione Rioplatense. Si aprono le porte alla magia di queste nuove note che fanno sognare chi ha la buena suerte di poterle ballare dal vivo come noi.

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Si alternano: Vals pour Anais, Peliculas, Petit musique, Esternos interiores, ecc. Capolavori del tango moderno e contemporaneo, dove due soli strumenti riescono ad esprimere mille sonorità, colmando con grande abilità l’assenza di un’intera orquesta.
Se non li avessi visti e sentiti non ci avrei creduto. Nessun cedimento all’elettronica. Il pianoforte ed il bandoneon nelle mani di questi due giovani ora non mitragliano più, fanno uscire arie e melodie impensabili ed inimmaginabili. Le nouveau tango è servito…!

È straordinario come questo duo talentuoso riesca a dare il meglio di se nei brani originali e non come ci si aspetterebbe e come di solito accade per gli altri gruppi e orquestas contemporanei, nell’interpretazione dei classici.

Sexteto Milonguero

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Un esempio eclatante lo dà il Sexteto Milonguero, a mio parere, il migliore gruppo di interpreti del tango di Buenos Aires di oggi.
All’inizio dell’estate sono stati dalle nostre parti. Ascoltarli e vederli è stato eccitante. Una musicalità unica, inconfondibile, fatta di potenza espressiva, adrenalina, e una straripante capacità comunicativa. In estrema sintesi questo è quanto chi c’era, ha percepito e con piena accondiscendenza subito, quando i sei giovani del Sexteto hanno iniziato a toccare i loro strumenti.
Risultato: brividi su tutto il corpo.

Credo di ricordare che Annachiara quella notte non ci fosse. Probabilmente era rimasta a casa preferendo fare altro o di meglio. So di questa sua non celata ritrosia a partecipare a serate evento di tango di “massa”.
Sono appuntamenti particolari dove capita che donne non invadenti, non insistenti perdano, causa la gran quantità di persone, i loro riferimenti abituali, il cosiddetto parco uomini su cui contare per vivere e godersi il tango in “santa pace”.

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Annachiara è una di quelle donne (ipotizzo, vado alla cieca) che considerano la sfera intimista preponderante rispetto ad altri aspetti forzatamente ed eccessivamente sociali, tipici di certe situazioni. Penso sia così, pur non essendone sicuro. Se così fosse, è una grande qualità, una naturale propensione dell’ego in direzione opposta a ciò che è mondano tout court. Annachiara è così…? Forse…, probabilmente…! Annachiara è una donna spirituale…? Soltanto lei può saperlo.

Il tango non è da meno. Questa specie di simbiosi fra lo spirito sensibile di qualcuno e una parte, soltanto una parte di ciò che ci sta attorno, lo si ritrova in muchos tangos. I sei del Sexteto, lo sanno benissimo e lo si intuisce da come sono riusciti e rimodellare brani classici intoccabili, le cui esecuzioni sono rimaste inattaccate da decenni. Basti ascoltare il loro “Buscandote”: una miscela di lirismo, poesia e pathos senza eguali. “L’antica” interpretazione di Osvaldo Fresedo e Ricardo Ruiz tiene il passo, ma ora trema al confronto di questa nuova romanticissima entrée.

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E che dire dei loro: El adios…, Humillacion…, Fueron très años…, Tres esquinas…, Una emocion…, Pensalo bien…, e così via…
Nulla da dire, nulla da aggiungere: vanno ascoltati e possibilmente ballati. Punto. Se poi, questi ragazzi te li ritrovi in carne e ossa a tre, quattro metri che si esibiscono, di sicuro non te li scordi per un pezzo.

Bravissimo Mauricio Jost il bandoneonista in primo piano: è lui che detta i tempi agli altri. Le sue mani al posto delle dita hanno tentacoli, le smorfie della faccia simulano sofferenza e accompagnano come in un rituale orfico tutte le note del gruppo. A completare lo stato di trance generale ci pensa Javier Di Ciriaco, il cantante dalla chioma lunga e nera come la criniera di un purosangue arabo. La sua voce è un raggio laser: colpisce ed entra fin sotto la pelle.
Grandissima innovazione pur restando ben dentro il recinto della tradizione, della storia e della memoria.

Color Tango

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È ciò che non è riuscita a fare l’orquesta Color Tango.
Di recente sono tornati anche loro nel nostro nord-est, sulle rive della città mitteleuropea e marinara più bella d’Italia. Li ha ospitati la serata inaugurale di un festival ottimamente organizzato.

Color Tango fin dalla sua nascita non ha mai cercato una sua originalità espressiva. Con lo scopo di proseguirne i fasti, è nata da una costola dell’orquesta di tango più rivoluzionaria di sempre: quella di Osvaldo Pugliese.
L’idea senza tanti fraintendimenti è stata quella di riproporre la musica, il tango di Pugliese, alle generazioni di appassionati, venute dopo, che non avevano avuto la fortuna di ascoltare dal vivo il grande vecchio.

Roberto Alvarez primo bandoneon del grande maestro ne è stato l’artefice, il padre putativo e il leader, tutt’ora indiscusso: Color Tango è Roberto Alvarez. Alvarez non è Pugliese, nessuno è Pugliese, nessuno può rifare Pugliese: impresa impossibile. L’unica cosa che si può, è tentare di imitarlo ed è quello che è stato fatto.

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Con mia sorpresa, contravvenendo alla sua regola d’oro di stare alla larga da queste mega serate… Annachiara c’era… Restare costantemente fedeli a certe convinzioni è difficile e non ne vale la pena. Così deve avere pensato Annachiara. Cambiare può fare bene e può essere una soluzione.

Di spalle con in faccia il buio illuminato, fatto di mare nero e luci distanti, mi stavo facendo accarezzare il viso dalla brezza marina della notte: tiepida… un sollievo. Giratomi di fianco l’ho intravista da lontano staccarsi dal suo gruppetto di amici e avvicinarsi con un sorriso di benvenuto. Tranquilla tanto da far trasparire una contentezza sincera, senza altri fini. È venuta a salutarmi… Io sarei dovuto andare a salutarla… non ero dell’umore giusto… Poche parole. Le ho chiesto se già si fosse messa le scarpe. – Un attimo e sono pronta – mi ha risposto.
Ho ballato tanto con lei… avrei potuto ballare ancora.

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Le esecuzioni di Color Tango, pur mantenendo gran parte dei vecchi arrangiamenti, sono spesso piatte, fredde, lineari… salvo rare eccezioni.
Mancano di quel calore e di quella esaltazione tipiche delle straordinarie e mai e uguagliate registrazioni degli anni in cui il maestro c’era e dettava legge.

Roberto Alvarez, acciaccato nell’aspetto – anche per lui gli anni corrono – si è presentato con un gruppo di giovani talenti usciti dalle scuole e dai conservatori di Baires. Tutti bravi… molto bravi, ma la musica che servono, con garbo e maniera, quasi mai è in grado di accapponare la pelle di chi è venuto per ballare sulle note del maestro dei maestri.

Color Tango non ha ancora trovato una sua strada esclusiva…, se mai la troverà. Bravi quanto si vuole, ma per restare indimenticati servono altre scelte.

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– Vieni anche domani sera?
– Non credo di farcela… impegni con i miei… in famiglia. Ancora venticinque euro… non sono pochi, questo mese ho avuto molto spese.
Mi risponde così… Una strofinata sulle guance per salutarci… – nel tango è un gesto reciproco codificato dall’uso generale che assolutamente tutti fanno in vari momenti: all’inizio quando ci si vede, alla fine quando ci si saluta, durante la milonga al termine di ogni tanda.

È notte fonda… di corsa a casa stando attenti ai colpi di sonno. Per fortuna in macchina siamo in due: io e il mio inseparabile amico di tango. Ci alterniamo al volante a seconda di chi è meno stanco e assonnato.
Domani sera ci aspetta l’orquesta Tango Spleen.

Tango Spleen

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Tango Spleen, orquesta italo-argentina fatta di giovani: purtroppo mai sentiti: né in rete, né su supporto, né tantomeno dal vivo… L’ignoranza è l’ultima a morire.
Dopo due ore trascorse con un fine musicalizador argentino, originario di Cordoba, salgono sul palco.

Cominciano, li ascolto, non ballo… Che dire… Color Tango nonostante le mie perplessità alberga su altri livelli. Questi ragazzi sono entusiasti e orgogliosi di suonare per noi, ce la mettono tutta: si vede dalla foga dei loro gesti e dalle espressioni della faccia che marcano ogni cambio di ritmo.

Eppure… – opinione che resta solo mia – mancano di qualcosa. Poco o tanto non saprei. So che ballando la passione non sale ed il pathos nemmeno. Sento che la loro musica anziché guidarmi, rimane in sottofondo dando all’atmosfera sensazioni ovattate: niente picchi, niente slanci, niente affondi, troppa morbidezza.
I violini non urlano, il bandoneon è diligente non osa lamentarsi, il pianista dà quasi le spalle alla sala, ha occhi soltanto per i tasti del suo pianoforte con cui pare ingaggi una sua personale sfida, tralasciando e non accorgendosi di chi balla.

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Annachiara la douce femme, come anticipatomi non è venuta. Faccio lunghe pause fra una tanda e l’altra, le cortine striminzite questa notte non mi bastano. Esco spesso a prendere aria, il mare è a un metro dai miei piedi, di notte il suo odore, che diventa sapore, è più intenso: lo sento distintamente. Ci sono diverse regista libere, ne occupo una, il bicchiere è pieno di fresca Coca Cola, mi dondolo all’indietro su questa sedia poltroncina, mi trastullo, invento di sana pianta, parlando e vaneggiando con questa amica che non c’è:

– È da un po’ che non ci vediamo…
– E ieri sera…?
– Volevo dire a parte ieri sera… È una fortuna averti incontrata e conosciuta…
– Ah…, ah…, ah…, questa poi, di che fortuna parli…?
Ride con spontaneità, mi prende in giro senza curarsi di me, come niente fosse. Succede solo quando si è amici per davvero.

– Perché ridi…?
– Sei tu che mi fai ridere… mi diverti… hai un’anima… hai un cuore… sbaglio…?
– Che poi sono la stessa cosa… come per ognuno di noi.
– Allora rido perché mi piace la tua energia… questo ti va…?
– Non sopporto questa storia dell’energia… è comica… adesso viene a me da ridere…

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– Non devi smettere di combattere…
– Che cavolo stai dicendo…? Di palo in frasca…
– E tu chi saresti…? Il palo o la frasca…?
– Perdonami… questa è un’altra stronzata… Vorrei sapere chi vi ha messo in testa queste stupidaggini? FB è piena di queste coglionerie! Da non credere…
– Anche permaloso… ?
– Tu dici…? Hai di fronte un amico che non è un combattente e si guarda bene dall’esserlo. Mai sentito parlare di voglia di pace…? Non di guerra…!
– Si…
– Solitamente sono gli stronzi patentati a battersi, a tenere duro, a non arrendersi e a sentirsene orgogliosi… Tutte puttanate… gente bacata.

– Non prendertela…
– Non me la prendo… Ricordi i figli dei fiori…? Già forse non eri ancora nata… – fate l’amore… non fate la guerra… Ti suona…? L’amore è dolcezza, non sofferenza e tantomeno stress…
– Sono d’accordo…
– Certo che siamo d’accordo…

Il sudore sulla pelle si è asciugato, la brezza del golfo ha spazzato via le gocce dalla fronte e fatto sparire le chiazze scure sulla camicia…, sul petto. È ora di tornare a ballare approfittando dell’orquesta Tango Spleen.

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2 thoughts on “4 Orquestas e una douce femme

  1. Speriamo la prossima volta di riuscire a trasmetterti meglio l’emozione che proviamo a suonare e a far ballare tutti i tangueri ! 🙂
    Un caro saluto, Tango Spleen

    • Non sono un critico musicale, solamente un appassionato. Se fossi in te (voi) non mi cruccerei di quanto scritto, è solo un’opinione personale legata ad una singola serata.
      A parte i primi due brani che ho preferito ascoltare da fermo, ho ballato tutti gli altri fino alla fine. Siete giovani, vi manca pochissimo, sempre secondo me, per straripare. Quindi andate avanti come sapete.
      Vi auguro ogni successo.

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