Dieta Musicalizador & Co. Seconda parte

… Continua dalla Prima parte… 

Capplegnami_Baires_Poema

29.4 – Dieta… secondo comandamento – In pellegrinaggio per un saluto – Pregi e difetti – Dieta… terzo comandamento – Vademecum home made – Dieta… non mangiare… bere! – Buenos Aires e la Via Lattea.

Pensavo a qualcosa di meglio…
Più che sul tango, è sulla libertà…

Dieta… secondo comandamento

Non è mai consigliabile resistere alle tentazioni della gola, nemmeno per chi voglia dimagrire. Alla lunga, tentazioni non soddisfatte generano stress mentali e corporali permanenti, con picchi depressivi da una parte e inevitabili ricadute fameliche dall’altra. Nel breve e temporaneamente potrebbe anche funzionare, a lungo termine invece i chili in surplus non si conteranno e tale condizione sarà cronica e inattaccabile.
Meglio sarebbe evitarle, scansando il loro nefasto influsso. Come?

Una possibile soluzione, sarebbe quella di liberarsi delle riserve di cibo, che ingombrano a tal punto le cambuse di tutte le case, manco si fosse sull’orlo di una imminente carestia.
Mantenersi in linea, con la casa piena di cibo è molto difficile se non impossibile. In genere i nostri corpi ingrassano dentro le mura domestiche, il luogo più adatto per un lento e inesorabile disfacimento, al riparo da occhi estranei. Ingurgitarsi dentro casa dà la tranquillità di non essere visti, anche se poi nessuno può illudersi di nascondere al resto del mondo, pancia, fianchi e doppi menti fuori misura.

Fare la spesa una sola volta per tutta la settimana è sbagliato. Non è pensabile impegnarsi a dimagrire con i pensili e le madie costantemente stracolmi.

Capplegnami_Baires_El_Flete

Azzarderei pertanto che il secondo comandamento per chi desideri dimagrire o non ingrassare, è tenere frigo e dispense vuoti, semivuoti: lo stretto necessario per un giorno o due, optando per i freschi e lasciando confezionati, insaccati, sotto vetro e conservati vari, sugli scaffali. Con poco o niente da mangiare in casa, le tentazioni che quotidianamente e implacabilmente ritornano, resteranno pii desideri, a cui sarà facile rinunciare, visto che non ci sarà alcunché per appagarle. Mantenersi a debita distanza dalle taglie con la doppia x davanti, non sarà più un’utopia o una speranza.

In pellegrinaggio per un saluto

Una delle prassi più curiose che si possono assistere in milonga è l’abitudine di molte persone, sopratutto mujeres, di recarsi alla postazione del musicalizador per porgere un deferente saluto. Questo rituale avviene subito, una volta all’interno del locale, ancor prima di trovare un posto dove mettersi. I milongueros, in tipica postura da inchino cortado, quasi non volessero farsi notare, si presentano defilati e alla spicciolata davanti al banchetto del musicalizador e porgono la propria mano in segno di rispetto e ammirazione. Mancherebbe solamente la genuflessione. Molti si sentirebbero in animo e in dovere di farla, ma ancora, che si sappia, nessuno ha mai avuto sì tanto coraggio.

Il musicalizador da parte sua è più imbarazzato che compiaciuto di fronte a tanta immeritata altrui deferenza, anche perché i momenti in cui queste mini processioni avvengono, coincidono con la fase iniziale della serata, una delle più delicate dal punto di vista dell’impostazione e delle scelte musicali da fare, compresa la messa a punto dell’impianto audio, la ricerca dell’equilibrio acustico delle casse, e via dicendo. Il musicalizador in questi frangenti si sente sotto pressione e a tutto aspirerebbe fuorché stringere mani e allargare la faccia per ricambiare e simulare sorrisi. Quindi il suo desiderio più pressante è tagliare in fretta e lasciare questi pellegrini del tango al loro destino.

Capplegnami_Baires_Lo_han_visto_con_otra

Continua a leggere

Dieta Musicalizador & Co. Prima parte

Capplegnami_Baires_Volver

29.3 – Dieta…, dieta cosa…? – Alla consolle – La leggenda del bravo musicalizador – Dieta…, come fare…? – Bugia o sincerità – A chi piace… a chi no – Dieta…? Mangiare di meno – Rapporto sull’energia.

Vuol dire che farò uno sforzo!
Uno sforzo…? Ma per l’amor del cielo… ci mancherebbe…!

Dieta…, dieta cosa…?

A dieta da otto settimane. Sta funzionando. Non è una vera e propria dieta. Ho solamente ridotto le quantità abituali di cibo e temporaneamente eliminato il pane… il mio adorato pane. Facile a dirsi, molto difficile a farsi. Almeno così credevo.

Alla consolle

Sono concentrato. Una manciata di minuti e si inizia. La gente sta arrivando. Sto guardando sul display la sequenza della tandas che ho scelto per questa serata. Ore e ore di pre-ascolto, in auto, in bici su e giù per le colline dietro casa. È da due settimane che ci lavoro sopra. Ho molti dubbi. C’è sempre qualche brano che non funziona, che non lega con gli altri, poco ballabile, troppo lungo. Alla prova auricolari, l’idea che ho in testa, viene spesso smontata senza appello o ripensamento.

Trovare la giusta alternanza fra tangos, valses e milongas, fra registrazioni di epoche passate e recenti, è difficilissimo…, beccare il mix adatto è più arduo che vincere un terno al lotto. Senza contare che mettere gli stessi brani noti e arcinoti non se ne può più. Lo potrebbe fare chiunque. Ci sono migliaia di brani per nulla o poco conosciuti che andrebbero sentiti uno ad uno, valutati, scartati, schedati. Un lavoro immane con tempi infiniti. Quando mi ci metto, per un’ora, due al massimo, di più non riesco, è come trovare un ago nel pagliaio: un nuovo vecchio tango da infilare in una tanda è una pepita, vale oro.

Capplegnami_Baires_La_Cumparsita

Sono in novanta che ballano davanti a me, non tutti assieme, anche se quelli seduti che aspettano la prossima tanda non sono molti. Qualche tempo fa, ho anche messo musica per solo sedici  persone, forse capitate in quel posto per caso. Di più non ne sono arrivati. Milonga da taglio delle vene.

Questa sera non ballerò, non voglio correre il rischio che qualcosa si inceppi mentre sono lontano dalla consolle. Non ballerei rilassato e non me la godrei. E inoltre la sequenza che mi sono immaginato e che alla fine ho predisposto è di fatto una linea guida di massima, che nel corso della serata può essere modificata, integrata, sostituita. La tecnologia viene incontro ma esasperare gli automatismi non funziona. Tutto può accadere e bisogna essere preparati e pronti a cambiare, inserire, togliere, alzare o abbassare.

La leggenda del bravo musicalizador

Mi diverte sempre sentire quelli che discernono sul fatto che il vero musicalizador di tango non si prepara in anticipo la playlist della milonga, ma ha le capacità di mettere musica all’impronto, sul momento, a seconda della serata, del posto, del tipo di persone presenti, della cosiddetta energia, atmosfera, ecc. Tutte balle. (Perdonali non sanno quel che dicono).

Capplegnami_Baires_Milonga_sentimental

Continua a leggere

Gli occhiali dell’odalisca

Capplegnami_Baires_Peatones

Il carpintero e l’odalisca. 31 – Solo andata – A ripetizione – Tango rottura – Un paio di occhiali – In buona compagnia – L’acqua calda – Fra Recoleta e Palermo – Vita vissuta.

Non lo so.
Devi sempre sapere più di me!

Solo andata

– Come state?
– Sto bene. Io.
– E Amedeo…?
– Se n’è andato.
– Dove?
– Quien sabe…
– Quando torna?
– Non tornerà.
– E la casa bianca? Bernal?
– Per ora è rimasta sola… diciamo orfana. Bernal farà a meno di lui, come è sempre stato.
– Tu tornerai? Rivedrò almeno te?
– Forse… poco probabile. Se sarà, sarà per poco. È presto per dirlo. Dimmi di te. Come mai ti sei fatto vivo? Scommetto che ci sono novità? Que pasa?

– Volevo sentirti… gli amici ogni tanto si sentono.
– Non è da te carpintero, tu non sei un amico come gli altri.
– Ho sognato, ho fatto dei sogni.
– È normale, capita anche a me. A chiunque capita.
– Questa volta è stato diverso. Qualcosa stava per succedere. Non qui. È successo da voi, me lo hai appena confermato.
– I sogni non macinano, sono come l’acqua che corre via. Le coincidenze sono all’ordine del giorno. La loro frequenza è più alta di quanto non si pensi. Sono ricorrenti come i vincitori settimanali alle estrazioni.

– Il tuo populismo è senza antidoto. Quando ti ci metti… non c’è scampo… per nessuno.
– Ti conosco abbastanza e più il tempo passa, maggiore è la certezza che il tuo essere prevedibile prenda il sopravvento su tutto il resto. Tu chiami quando hai qualcosa da raccontare… da chiedere… da confidare…, da supplicare…, scemenze sentimentali, tiri di testa, incubi o semplicemente indefessa solitudine. O il maledetto lavoro. Niente è per niente.
– È solo un’impressione, mi pare di sentirti vanamente alterato. Ne avrai ben motivo, di certo non può essere la mia chiamata. Non voglio entrarci. Se e quando ne vorrai parlare, ci entrerò.
– Vanamente? Che cavolo stai…?
– Nel senso di inutilmente. Novantanove su cento, darsi pena per qualunque cosa o chiunque è inutile. Vano, per l’appunto.

Capplegnami_Baires_Cordoba

A ripetizione

– Andiamo oltre. Di che cosa si tratta questa volta? Le mie orecchie sono pulite e ben orientate. Il mio tempo è a disposizione, per te potrei mettermi in sciopero da tutto e da tutti. Parla! Per l’amor del cielo, non farti desiderare come è tuo solito, sai che non lo sopporto.
– Se è così che la metti, ti accontento subito. Avevo in mente di raccontarti per prima cosa di un paio di occhiali, poi di una (gran) serata al verde, di una febbre a trentotto e di alcune donne.
– Vedi… avevo ragione.
– Invece hai torto. Ti sto solo venendo incontro, mi conviene, non hai l’umore giusto per essere contraddetto. Sto inventando di sana pianta. Improvviso. Mi succede anche quando ho davanti una sedia sfasciata o un mobile sfondato e non so da dove cominciare. Le alternative sono: mettersi le mani nei capelli o tentare qualcosa… improvvisare appunto. Così faccio, così sto facendo.

– Occhiali…? Donne… ancora donne? Una serata… di tango, suppongo? Chi era con la febbre?
– Io, me.
– Non ne hai abbastanza di queste occasioni dove ogni gesto, ogni comportamento, può allo stesso tempo, deliziarti o riempirti del tedio più stucchevole?
– Avevo pagato in anticipo, non potevo tirarmi indietro, avrei perso dei soldi.
– I soldi sono tutto… certo, ma pochi soldi sono niente.
– Pensa per te.

E se il momento fosse quello giusto? Nel senso di dilatare…, rallentare…, evitare…? Caro amico falegname hai mai pensato alla monotonia ripetitiva, all’inconscia compulsione, dei tuoi gesti, delle cose che fai?
– Certo che ci ho pensato. E non vi ho trovato nulla di sbagliato.
– Per assurdo potresti morire ora senza provare rimpianti. Quello che c’era da fare lo hai fatto. Non fai che rifare. Sei un rifacimento.
– Dove vuoi andare a parare? Se qualcuno ci sentisse adesso, proverebbe compassione!
– Non agitarti, ti sto provocando, non te ne sei accorto? Quando ci siamo conosciuti sembravi più sveglio, mas rapido. Voglio dire…, replicare all’infinito le stesse cose, simulando disinvoltura e noncuranza, ti può ancora bastare? L’insoddisfazione ti avrà sfiorato immagino?
– Come per tutti, ogni giorno. E allora? È la norma. Assolutamente nella norma.

Capplegnami_Baires_Esmeralda

Continua a leggere

L’armadio dell’odalisca

Capplegnami_Baires_Enrique_Santos_Discepolo

Il carpintero e l’odalisca. 30 – Uno pseudo viaggio – Un mucchio di donne – Uno pseudo incontro – L’armadio immaginato dell’Odalisca – Il tango è donna – Piacere fisico.

Posso…?
Non farmi niente…!

Uno pseudo viaggio

– Ho intenzione di andare.
– Quando?
– Al massimo entro due tre settimane. Se vuoi venire devi decidere in fretta.
Lo sguardo di Amedeo era determinato, allucinato, pericoloso. Gli capita di rado e quando succede non c’è verso che torni sui suoi passi. Il suo cervello ingombro e affastellato ha già deciso. Amedeo è schiavo del suo cervello. La sua mente decide senza ascoltare le altre parti del corpo a cui non resta che eseguire rassegnate e controvoglia. È sempre stato così: un cervello troppo potente in un corpo troppo debole.

Alla fine, dopo pochi minuti di ricognizione su presente e futuro, anche il possibile secondo viaggio dello scorso anno non si è fatto. Allo stesso modo del primo fra gennaio e febbraio, è rimasto un tentativo di… viaggio, un simulacro di una realtà che si è esaurita. La mezza proposta di andarsene in quell’insolito periodo – primavera a Baires – non ha avuto seguito. Non c’erano i presupposti. Amen.

Amedeo imperturbabile ha trovato la mattinata giusta. Quel giorno il sito Iberia dava ai fortunati che si collegavano una chance imperdibile: poco più, poco meno, di settecentocinquanta euro. Presa al volo… è proprio il caso di dirlo.
Andata e ritorno, Ida y vuelta, un mese meno un giorno, più di quanto servisse, ma andava benissimo come scusa per starsene lontano, lontani, dove il mondo non è uguale, la vita è diversa e l’aria è sempre in movimento…, pur non essendo migliore: Baires… ovviamente, sempre lei la meta, il sogno ricorrente, il posto dove stare senza pensieri, senza pensare. Almeno per chi arriva dall’altra parte del mare.

Lui assieme al suo fastidioso carattere sarebbe partito… Marco Polo, Barajas, Ezeiza, Bernal. Io sarei andato con lui…
A parole, con la testa, solo con quella senza il resto, immaginando giorno dopo giorno, per un mese meno un giorno, di fare quello che avrei fatto se avessi volato sul serio, sopra quello specchio di colore simil ocra, il colore del leon, che si vede guardando sotto, dopo aver sorvolato l’Uruguay: il Rio, il grande Rio così simbolico, così presente, così contaminato e orrendamente umiliato durante gli anni della follia civile.

Capplegnami_Baires_Alfredo_Le_Pera

Continua a leggere

Nueve a uno

Capplegnami_Baires_Jardin

24.0 – La forza dell’abitudine – nivel excelente – capelli nero fuliggine – todas para vos – grandi camminate – sante o stupide – nel corridoio d’entrata – vecchie infradito ai piedi – dimentico di pagare.

Ti piomberanno addosso come lupi…
Sono contenta che mi hai scoperta…

Secondo viaggio.
Non ritorno. Se le cose stanno come mi è successo l’altra sera, dovrò pensarci.

Anni addietro esisteva la via della seta, ora a Bernal esiste la meno impegnativa, ma non meno importante, via del gelato: va dalla casa bianca dove abitiamo all’esquina in fondo alla Nueve de Julio. In quel punto si trova il nostro gelato preferito: all’acqua, solo ingredienti naturali, buonissimo…

Ogni giorno percorriamo obbligatoriamente questo tragitto, fatto di una decina di quadras. Il sistema delle strade organizzato a quadras, permette infinite varianti fra un punto di un percorso e l’altro. La forza dell’abitudine ha facilmente la meglio sulla fantasia e la voglia di cambiare. Succede che un tragitto più degli altri diventa quello standard, quello che, pur senza alcuna ragione, è usato più di sovente.

Lungo questa via al gelato, mas o meno a metà della fatica, c’è un “circulo catolico”. Da qualche giorno incollato al portale in legno massiccio del circulo, un volantino a caratteri cubitali, nero su bianco, grafica zero, stringato nello stile quanto nel messaggio: miercoles Hs 20:00 classe de tango, nivel excelente.

Capplegnami_Baires_Bernal

Passa e ripassa, leggi e rileggi, la curiosità ha la meglio: decido di andarci. Mercoledì sera all’ora stabilita mi presento. Maestro giovanissimo, si e no veinticinco años, carnagione più scura della mia, capelli nero fuliggine appena ondulati, occhi simpatici più scuri del nero di seppia, vestito modestamente e un po’ trasandato, più timido di me, non sa una parola che sia una di italiano. Io di castellano ne saprò in tutto una trentina. Ci intendiamo al volo. Venti pesos per un’ora e mezza di lezione collettiva.

Continua a leggere

Vals o milonga?

Capplegnami_Baires_Club_Gricel

23.2 – Barrio degli italiani, dei genovesi – giornali scaduti – birra come fosse champagne – invitata a man bassa – le scarpe mi fanno impazzire – dopo il grande freddo – fermarsi fino alla chiusura.

Quando torno balliamo.
Quando…?

Secondo viaggio.
Buenos Aires non può essere presa sul serio perché non è mai uguale a se stessa. I suoi riferimenti cambiano ad una velocità superiore a quella del tempo. I suoi luoghi hanno perso la connotazione originale e sono altro: La Boca era il barrio degli italiani, dei genovesi. Pur continuando ad essere la zona franca dell’immigrazione, haora è rifugio sicuro per paraguagi ed altre genti sudamericane.

Gli immigrati, nostri ex connazionali hanno mantenuto il cognome originale di marca italiana, mentre per i nomi, sono stati adottati, per decreto o per omaggio alla nuova patria, quelli di matrice spagnola: ci sono mille Juan, nemmeno un Giovanni.

Camminando lungo Corrientes abbiamo incontrato un’edicola sui generis: in vendita solamente copie di giornali scaduti. Numeri pubblicati molti anni addietro, fino ottocento, primi novecento o in date salienti della vita e della storia di questa città: emblema e sinonimo assoluto di Argentina.

Questo paese probabilmente non esisterebbe se Baires non fosse state fondata. Baires ha la suerte dalla sua parte. Il tango, senza nulla pretendere in cambio, le ha donato il privilegio di essere la città più bella della via Lattea, perché qui c’era già tutto: per fecondare, crescere e creare.

Incantesimo o destino: come ad Atene ai tempi di Pericle, o a Firenze durante la guida di Lorenzo il Magnifico, o nella Parigi dei primi novecento all’epoca delle avanguardie storiche.

Capplegnami_Baires_Amedeo__

Vedi – mi dice Hector Bossi, un milonguero di circa settant’anni ottimamente portati, impeccabile nel suo blazer blu, che tre sere fa ci ha accompagnato con la sua macchina al Club Gricel, uno dei posti sacri, laicamente parlando, della tangueria di Baires, fra Boedo e San Cristobal – negli anni quarenta y cinquenta è successo di tutto.

Continua a leggere

Carmen e l’inquilina frigida

Il carpintero e l’odalisca. 12 – discreto e invadente – giganteschi e ultra centenari – antipatico e ipocrita – frigida e vergine – con Carmen a Recoleta – una donna Venere – uomini perduti –  Com’era vestita? – bollicine gialle – piacere e orgoglio – con i sentimenti non con la ragione – corpo perfetto – nel guado a mollo.

Non mi sono sentito un estraneo.
Mi fa piacere.

– Il suo profumo di fiori neri era discreto e invadente. Staccarsi da lei dopo un tango dava l’idea di una perdita. Qualcosa che ti era appartenuto per tre minuti, un astratto concetto di proprietà, tornava bruscamente ad essere una illusione. Un’ondata, prima infranta e poi dissolta dalla propria risacca. La ragione e le sue regole se ne erano andate da un pezzo. Una ricerca con poche speranze all’inseguimento della donna ideale. Voi mi capite?

– Cominciamo a capirti e questo ci preoccupa, tu ci preoccupi. E comunque la donna ideale è una palla: non esiste. Che ne è stato di Carmen?
– Chi…? Scusa, che hai detto?
– Carpitero facci un favore: noi ti vogliamo bene, ti siamo amici. Torna sulla terra, torna fra di noi e smettiamola con queste puttanate. Entiendes?
– Si, dicevate… Carmen…?

– A Recoleta in uno slargo non lontano da dove di giorno ci sono le bancarelle degli ambulanti. Nei pressi di un gomero. Ce ne sono tre o quattro, giganteschi e ultra centenari. Non dovrebbe essere difficile localizzare il posto di questa tangheria, oltretutto si sentirà la musica. Non ci si può sbagliare. Capito? Non questo lunedì, il prossimo, alle nove di sera. Che dici… andiamo?
– Può essere…, lasciami pensare.
– Per una volta che ti chiedo un favore! Potrebbe essere divertente. Ti prego mi accompagni? Arrivati, balli con chi vuoi. Non penserai che ti chieda di ballare solo con me?
– Carmem non potresti. … ed in ogni caso non serve che mi implori.
– Certo… che quando apri la bocca è come se tirassi calci.

– Bueno. Come sai di questi appuntamenti?
– Una mia amica. Amica… per modo dire… una che conosco. Parlandone al telefono.
– Ora che mi hai cercato, ho memorizzato il tuo numero. Ti chiamo lunedì verso l’ora di pranzo e ci mettiamo d’accordo. Ti sta bene?
– Si, non dimenticarti.
– Non mi dimenticherò. Tu nel frattempo abbi cura del tuo giro vita.
– Quando hai in testa qualcosa… non molli.
– È per il tuo bene.
– Parli come i miei genitori, quando ero ragazzina. Vai al diavolo!
– Vedrai che ballare più leggera sarà come rinascere.
– Giordano ti prego se vuoi essere antipatico e ipocrita fallo fuori di casa mia.

Continua a leggere

Spontanea e illegal

15.0 – Non ne potrei più – vecchia Europa – pesche al limone – labirinti e bancarelle – unknown man – zero morale – spontanea e illegal – scarpe e sudore – niente cruse – muri e sbarre.

Ti va di ballare?

Certo… Fammi sapere quando e come… scrivimi! 

Mi trovo a Buenos Aires da diversi giorni. Non ne potrei più… Ma visto che ci sono, accarezzo l’idea che approfittarne è la cosa migliore, tentando, nei giorni che restano, di entrare più addentro nella vita e nello spirito di questa gente porteña, così simile in apparenza e in realtà così diversa a noi, rimasti nella vecchia Europa.

Quando la sera restiamo a casa, il dopo cena è sacro. Ognuno per conto suo senza la minima interferenza. Fatti i piatti, l’unica cosa che ci accomuna, me e Amedeo, è il bicchiere, di quelli grandi, pieno di pesche al limone e gelato, fatto con l’acqua al posto del latte, del nostro amico Bastiano.

Mentre me la godo in un angolo del cavedio, con gli zampilli della fontana che mi colpiscono le gambe, sfoglio distrattamente un vecchio libro degli anni settanta, scritto in lingua local, finito chissà come sugli scaffali di vetro della madia per bicchieri che si trova nel tinello della casa bianca di Bernal.

Amedeo lo avrà recuperato in una delle sue frequenti scorribande fra i labirinti di bancarelle di San Telmo. Autore mai sentito, un unknown man: non ho annotato e non ricordo il nome.

Ho provato a districarmi con un dizionario tascabile per turisti pieno di frasi convenzionali. Inservibile, l’ho subito buttato. Ho capito a tratti, alcune parole, un po’ di senso, saltato interi periodi.

Credo che l’autore, curiosamente irriguardoso verso i suoi simili, disperato quanto e più di chi si ritrova la casa violata dai ladri, bramasse ad un mondo con una limitata presenza di esseri umani, dove le nuove nascite combaciassero in modo puntuale con le recenti dipartite.

Nessuna regola sancita, zero morale, niente etica. La natura avrebbe “pensato” a tutto, autoregolandosi. Scongiurato ogni rischio di overbooking umano.

Nulla di nuovo. L’ennesima descrizione di un mondo immaginato “perfetto”. Una delle tante utopie vagheggiate a più riprese in ogni epoca. La storia trabocca di speranze mai andate d’accordo con le idee, con le cose e con i fatti.

A questo drastico e sconclusionato intellettuale argentino concedo la chance di averlo sfogliato. Tutto ci può stare, anche che abbia vissuto in anni senza luce, con il tango vietato dalla censura.

Qualche donna e qualche uomo in avanzo, quanto basta – come per sale e pepe – per mettere su una milonga a sera, spontanea e “illegal”, ci saranno sempre. Come potrebbe la natura immaginarsi senza tango. Impossibile.

Nelle milongas di BA non si suda. Non è necessario portarsi dietro le magliette di ricambio, è sufficiente un sacchetto con le scarpe. Sono sempre stracolme di gente: non resta che muoversi molto lentamente a piccoli passi.

Di frequente, l’unica opzione possibile è stazionare sul posto, rinunciando ad avanzare. Ho notato che molti porteños scelgono una baldosa (piastrella) e ballano su di essa circumnavigandola a ripetizione, disinteressandosi del fatto che così bloccano la ronda a quelli che seguono.

Da qui la facile e pratica camminata chiamata baldosa, molto utile nelle serate in cui gli spazi sono ristretti.

Si balla Milonguero. Non c’è spazio per muoversi a Salon. Sono banditi tutti gli abbellimenti, firuletes o adornos. Gancios, boleos, paradas, giros, sacadas, e così via, non si possono fare e nemmeno pensare.

In certi posti sono espressamente vietati. 
Ochos atras stretti, rari ochos adelante, e camminare, con grande mestiere, questo si.

Andare al cruce non esiste se non in maniera molto dinamica. L’abrazo è statico, mai dinamico, le mujeres non allentano, non fanno scorrere di un millimetro.
In pratica è come ballare incatenati dentro una prigione i cui muri e sbarre sono uomini e donne (segue).

Link: Los profesores 15.1 – Le amazzoni del tango 15.2 – La Boca 15.3 – Caminito 15.4 – Parrilla y choripan 15.5 – Dentro La Boca 15.6

Un tango alla volta…

Nome: Jamas retornaras
Genere: Tango
Anno: 1942 ?
Compositore: Osmar Maderna
Letras: Miguel Calò
Orquesta: Miguel Calò
Canta: Raul Beron
Registrazione: 1942
Balla: Osvaldo Zotto – 2009

Peccato per la qualità del video non perfetta.

Quando si socializza?

14.4 – Rifiuto – altri due metri – pietà miserevole – vietato parlare – quando si socializza? – intervallo di ciance – incubo porteño.

Balliamo?
Perché tanta fretta? Meglio aspettare… Davanti c’è tutta una vita… 

Lascio passare tre tandas. Riprovo. Mi allontano di pochi tavoli, chiedo in italiano se vuole ballare. – NO.

La risposta è un no secco. Panico. Faccio un solo metro e curvo di schiena, manco stessi elemosinando, chiedo di nuovo ad un’altra. – NO. Più determinato del precedente.

Resto di pietra: ogni centimetro quadrato del corpo sperimenta cosa sia il panico fuori controllo. Ma che cavolo hanno queste strane donne, che in traduzione simultanea significa: stronze.

Raccolgo tutto il savoir faire disponibile, riesco ancora a muovere le gambe – non so per quanto – faccio altri due metri. Richiedo sempre in italiano…

Non mi sono visto – come avrei potuto – posso solo immaginare: in quel momento i miei occhi con il resto del volto devono aver dato l’impressione, neanche tanto simbolica, della pietà più miserevole.

Mi guarda in cagnesco, sta per arrivare il terzo no, indugia, si attarda un attimo, mi mostra con evidenza il suo disappunto e dopo interminabili secondi, anche se di malavoglia, si alza e sbuffando, accetta di ballare.

Avrà pensato: ma guarda chi mi doveva capitare: il turista più sbalestrato di tutta Baires.

Considerato che mentre si balla è “vietato” parlare, in più di un’occasione mi sono chiesto quando, nel tango, si riesca a socializzare. Non che mi interessi, preferisco di gran lunga ascoltare la musica e ballarla per l’appunto, tuttavia credo che una parvenza di scambio di qualche parola possa alleggerire l’inevitabile tensione che si crea fra due persone che ballano senza conoscersi.

Già due sere prima, al Canning, mi era parso, senza farci troppo caso, di notare qualcosa di diverso – rispetto ai nostri usi e costumi – nel comportamento delle persone durante una tanda.

Questa sera ho avuto la risposta che cercavo: a BA le coppie di milongueros socializzano fra un brano e l’altro di una stessa tanda.

Prima di riprendere a ballare, lasciando scorrere la musica, usano soffermarsi sul posto per circa un minuto o poco meno, per parlarsi, conoscersi, scherzare… Se la pista è quindi piena, è impossibile cominciare a muoversi fin tanto che non sia trascorso questo intervallo speso in ciance.

E la prova ne è che la porteña, nella pausa fra il primo ed il secondo tango, ne ha approfittato per iniziare con una filippica di rimproveri senza fine. Mi spiega che ha accettato di ballare solo perché ha capito che ero un turista patetico, ignorante delle regole della milonga.

Sbalordito per ciò che sento, chiedo spiegazioni. Dice che nessun uomo può permettersi di andare al tavolo di una donna e rivolgersi ad essa con un invito diretto a parole. È una grave mancanza di rispetto. Mi spiega che l’unico invito possibile è quello alla vecchia maniera, con mirada e cabeceo.

Il suo sguardo è fermo ed esplicito apposta: vuole essere sicura che io abbia capito. Io invece sono esterrefatto. Altro che socializzare, questo minuto di intervallo è un incubo (segue).

Link: Voglio tornare casa 14.0 – Babele 14.1 – Il ponte al tramonto 14.2 – Birra, rhum y tango 14.3 – La governante 14.5 – Rito arcaico 14.6

Un tango alla volta…

NomeAlas de tango
Genere: Tango nuevo
Anno: 1997 ?
Canta: Leon Gieco
Registrazione: 2007 ?
Ballano: Yla y Otto – 2007 ?

Andrea y Javier – parte II

12.4 – Iniziati del tango – stima e attitudine – milonguero e salon – Villa Urquiza – puro tango.

Ballerai ancora con me?

Ti aspetto in cielo.

Oggi giugno 2012. E pensare che qualche anno fa, quando decisero di ballare assieme, ci fu poco entusiasmo attorno a questa nuova coppia di iniziati del tango. Anzi molti fans patirono un lungo periodo di sconforto.

Andrea non era Geraldine, non era così famosa e universalmente conosciuta, e cosa non da poco sembrava non fosse in grado di competere quanto a capacità innata e passionalità, con la precedente partner di Javier.

Si giunse addirittura ad appiopparle di sana pianta un difetto pretestuoso: era bionda. Mai, prima di allora una grande del tango e della tradizione aveva avuto capelli chiari. Eugenia Parrilla, pure bionda, non faceva testo: si era data anima e corpo al tango nuevo.

Inoltre Geraldine era stata fino a quel momento anche la compagna di vita di Javier, Andrea, no. Il loro incontro era esclusivamente professionale, basato sulla reciproca stima e attitudine.

Ci fu un grande e generale scetticismo. Avremmo ancora rivisto Javier – il più talentuoso milonguero dei giorni nostri – in giro per il mondo a stupire appassionati e ad imperversare fra i più cliccati di youtube?

Tutti sbagliarono e presto se ne accorsero. Andrea in poco tempo dimostrò grande sensibilità ed intelligenza. Smise fin da subito di scimmiottare la Rojas. Via via affinò una complicità – indispensabile e quasi mistica – con Javier.

Un nuovo modo di ballare: meno appariscente, meno fine a se stesso, più milonguero, meno spettacolare, meno costruito, meno artificioso, più autentico, più personale.

Javier per primo se ne è giovato. La nuova coppia di partners ha iniziato a ballare in uno stile sempre meno influenzato dalle sirene dello spettacolo. Messe da parte tutte le esagerazioni, e aboliti gli onnipresenti cedimenti all’escenario, è nato un modo di ballare unico: bello, caldo e raffinato.

Nuovo e allo stesso tempo saldamente legato alla tradizione. Un omaggio all’eleganza e al pathos. Una fusione riuscita di milonguero e salon. Nella pratica una perfetta riproposizione di ciò che si può trovare solo nel cenacolo “sacerdotale” di Villa Urquiza, nella sua scuola e fra i suoi maestri.

Niente coreografie sfacciatamente evidenti, niente ginnastica, niente colgadas, niente volcadas: unicamente tango, puro tango.

Tutto questo non c’è più. Andrea nei primi giorni di questo 2012 è morta tragicamente in un incidente d’auto. È stata una grande del tango e Javier le deve tanto, moltissimo.


Andrea y Javier ad un workshop in Copenhagen aprile 2007 – milonga: La Cicatriz – orquesta Juan D’Arienzo – canta Alberto Echagüe.


Andrea y Javier al Club Sunderland Ottobre 2006 – milonga: Mozo guapo – orquesta Ricardo Tanturi – canta Alberto Castillo.

Link: Portacenere a mano 12.0La maestra che non si tinge 12.1Esibizioni 12.2Andrea y Javier 12.3