Dieta Musicalizador & Co. Seconda parte

… Continua dalla Prima parte… 

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29.4 – Dieta… secondo comandamento – In pellegrinaggio per un saluto – Pregi e difetti – Dieta… terzo comandamento – Vademecum home made – Dieta… non mangiare… bere! – Buenos Aires e la Via Lattea.

Pensavo a qualcosa di meglio…
Più che sul tango, è sulla libertà…

Dieta… secondo comandamento

Non è mai consigliabile resistere alle tentazioni della gola, nemmeno per chi voglia dimagrire. Alla lunga, tentazioni non soddisfatte generano stress mentali e corporali permanenti, con picchi depressivi da una parte e inevitabili ricadute fameliche dall’altra. Nel breve e temporaneamente potrebbe anche funzionare, a lungo termine invece i chili in surplus non si conteranno e tale condizione sarà cronica e inattaccabile.
Meglio sarebbe evitarle, scansando il loro nefasto influsso. Come?

Una possibile soluzione, sarebbe quella di liberarsi delle riserve di cibo, che ingombrano a tal punto le cambuse di tutte le case, manco si fosse sull’orlo di una imminente carestia.
Mantenersi in linea, con la casa piena di cibo è molto difficile se non impossibile. In genere i nostri corpi ingrassano dentro le mura domestiche, il luogo più adatto per un lento e inesorabile disfacimento, al riparo da occhi estranei. Ingurgitarsi dentro casa dà la tranquillità di non essere visti, anche se poi nessuno può illudersi di nascondere al resto del mondo, pancia, fianchi e doppi menti fuori misura.

Fare la spesa una sola volta per tutta la settimana è sbagliato. Non è pensabile impegnarsi a dimagrire con i pensili e le madie costantemente stracolmi.

Capplegnami_Baires_El_Flete

Azzarderei pertanto che il secondo comandamento per chi desideri dimagrire o non ingrassare, è tenere frigo e dispense vuoti, semivuoti: lo stretto necessario per un giorno o due, optando per i freschi e lasciando confezionati, insaccati, sotto vetro e conservati vari, sugli scaffali. Con poco o niente da mangiare in casa, le tentazioni che quotidianamente e implacabilmente ritornano, resteranno pii desideri, a cui sarà facile rinunciare, visto che non ci sarà alcunché per appagarle. Mantenersi a debita distanza dalle taglie con la doppia x davanti, non sarà più un’utopia o una speranza.

In pellegrinaggio per un saluto

Una delle prassi più curiose che si possono assistere in milonga è l’abitudine di molte persone, sopratutto mujeres, di recarsi alla postazione del musicalizador per porgere un deferente saluto. Questo rituale avviene subito, una volta all’interno del locale, ancor prima di trovare un posto dove mettersi. I milongueros, in tipica postura da inchino cortado, quasi non volessero farsi notare, si presentano defilati e alla spicciolata davanti al banchetto del musicalizador e porgono la propria mano in segno di rispetto e ammirazione. Mancherebbe solamente la genuflessione. Molti si sentirebbero in animo e in dovere di farla, ma ancora, che si sappia, nessuno ha mai avuto sì tanto coraggio.

Il musicalizador da parte sua è più imbarazzato che compiaciuto di fronte a tanta immeritata altrui deferenza, anche perché i momenti in cui queste mini processioni avvengono, coincidono con la fase iniziale della serata, una delle più delicate dal punto di vista dell’impostazione e delle scelte musicali da fare, compresa la messa a punto dell’impianto audio, la ricerca dell’equilibrio acustico delle casse, e via dicendo. Il musicalizador in questi frangenti si sente sotto pressione e a tutto aspirerebbe fuorché stringere mani e allargare la faccia per ricambiare e simulare sorrisi. Quindi il suo desiderio più pressante è tagliare in fretta e lasciare questi pellegrini del tango al loro destino.

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Dieta Musicalizador & Co. Prima parte

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29.3 – Dieta…, dieta cosa…? – Alla consolle – La leggenda del bravo musicalizador – Dieta…, come fare…? – Bugia o sincerità – A chi piace… a chi no – Dieta…? Mangiare di meno – Rapporto sull’energia.

Vuol dire che farò uno sforzo!
Uno sforzo…? Ma per l’amor del cielo… ci mancherebbe…!

Dieta…, dieta cosa…?

A dieta da otto settimane. Sta funzionando. Non è una vera e propria dieta. Ho solamente ridotto le quantità abituali di cibo e temporaneamente eliminato il pane… il mio adorato pane. Facile a dirsi, molto difficile a farsi. Almeno così credevo.

Alla consolle

Sono concentrato. Una manciata di minuti e si inizia. La gente sta arrivando. Sto guardando sul display la sequenza della tandas che ho scelto per questa serata. Ore e ore di pre-ascolto, in auto, in bici su e giù per le colline dietro casa. È da due settimane che ci lavoro sopra. Ho molti dubbi. C’è sempre qualche brano che non funziona, che non lega con gli altri, poco ballabile, troppo lungo. Alla prova auricolari, l’idea che ho in testa, viene spesso smontata senza appello o ripensamento.

Trovare la giusta alternanza fra tangos, valses e milongas, fra registrazioni di epoche passate e recenti, è difficilissimo…, beccare il mix adatto è più arduo che vincere un terno al lotto. Senza contare che mettere gli stessi brani noti e arcinoti non se ne può più. Lo potrebbe fare chiunque. Ci sono migliaia di brani per nulla o poco conosciuti che andrebbero sentiti uno ad uno, valutati, scartati, schedati. Un lavoro immane con tempi infiniti. Quando mi ci metto, per un’ora, due al massimo, di più non riesco, è come trovare un ago nel pagliaio: un nuovo vecchio tango da infilare in una tanda è una pepita, vale oro.

Capplegnami_Baires_La_Cumparsita

Sono in novanta che ballano davanti a me, non tutti assieme, anche se quelli seduti che aspettano la prossima tanda non sono molti. Qualche tempo fa, ho anche messo musica per solo sedici  persone, forse capitate in quel posto per caso. Di più non ne sono arrivati. Milonga da taglio delle vene.

Questa sera non ballerò, non voglio correre il rischio che qualcosa si inceppi mentre sono lontano dalla consolle. Non ballerei rilassato e non me la godrei. E inoltre la sequenza che mi sono immaginato e che alla fine ho predisposto è di fatto una linea guida di massima, che nel corso della serata può essere modificata, integrata, sostituita. La tecnologia viene incontro ma esasperare gli automatismi non funziona. Tutto può accadere e bisogna essere preparati e pronti a cambiare, inserire, togliere, alzare o abbassare.

La leggenda del bravo musicalizador

Mi diverte sempre sentire quelli che discernono sul fatto che il vero musicalizador di tango non si prepara in anticipo la playlist della milonga, ma ha le capacità di mettere musica all’impronto, sul momento, a seconda della serata, del posto, del tipo di persone presenti, della cosiddetta energia, atmosfera, ecc. Tutte balle. (Perdonali non sanno quel che dicono).

Capplegnami_Baires_Milonga_sentimental

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Gli occhiali dell’odalisca

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Il carpintero e l’odalisca. 31 – Solo andata – A ripetizione – Tango rottura – Un paio di occhiali – In buona compagnia – L’acqua calda – Fra Recoleta e Palermo – Vita vissuta.

Non lo so.
Devi sempre sapere più di me!

Solo andata

– Come state?
– Sto bene. Io.
– E Amedeo…?
– Se n’è andato.
– Dove?
– Quien sabe…
– Quando torna?
– Non tornerà.
– E la casa bianca? Bernal?
– Per ora è rimasta sola… diciamo orfana. Bernal farà a meno di lui, come è sempre stato.
– Tu tornerai? Rivedrò almeno te?
– Forse… poco probabile. Se sarà, sarà per poco. È presto per dirlo. Dimmi di te. Come mai ti sei fatto vivo? Scommetto che ci sono novità? Que pasa?

– Volevo sentirti… gli amici ogni tanto si sentono.
– Non è da te carpintero, tu non sei un amico come gli altri.
– Ho sognato, ho fatto dei sogni.
– È normale, capita anche a me. A chiunque capita.
– Questa volta è stato diverso. Qualcosa stava per succedere. Non qui. È successo da voi, me lo hai appena confermato.
– I sogni non macinano, sono come l’acqua che corre via. Le coincidenze sono all’ordine del giorno. La loro frequenza è più alta di quanto non si pensi. Sono ricorrenti come i vincitori settimanali alle estrazioni.

– Il tuo populismo è senza antidoto. Quando ti ci metti… non c’è scampo… per nessuno.
– Ti conosco abbastanza e più il tempo passa, maggiore è la certezza che il tuo essere prevedibile prenda il sopravvento su tutto il resto. Tu chiami quando hai qualcosa da raccontare… da chiedere… da confidare…, da supplicare…, scemenze sentimentali, tiri di testa, incubi o semplicemente indefessa solitudine. O il maledetto lavoro. Niente è per niente.
– È solo un’impressione, mi pare di sentirti vanamente alterato. Ne avrai ben motivo, di certo non può essere la mia chiamata. Non voglio entrarci. Se e quando ne vorrai parlare, ci entrerò.
– Vanamente? Che cavolo stai…?
– Nel senso di inutilmente. Novantanove su cento, darsi pena per qualunque cosa o chiunque è inutile. Vano, per l’appunto.

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A ripetizione

– Andiamo oltre. Di che cosa si tratta questa volta? Le mie orecchie sono pulite e ben orientate. Il mio tempo è a disposizione, per te potrei mettermi in sciopero da tutto e da tutti. Parla! Per l’amor del cielo, non farti desiderare come è tuo solito, sai che non lo sopporto.
– Se è così che la metti, ti accontento subito. Avevo in mente di raccontarti per prima cosa di un paio di occhiali, poi di una (gran) serata al verde, di una febbre a trentotto e di alcune donne.
– Vedi… avevo ragione.
– Invece hai torto. Ti sto solo venendo incontro, mi conviene, non hai l’umore giusto per essere contraddetto. Sto inventando di sana pianta. Improvviso. Mi succede anche quando ho davanti una sedia sfasciata o un mobile sfondato e non so da dove cominciare. Le alternative sono: mettersi le mani nei capelli o tentare qualcosa… improvvisare appunto. Così faccio, così sto facendo.

– Occhiali…? Donne… ancora donne? Una serata… di tango, suppongo? Chi era con la febbre?
– Io, me.
– Non ne hai abbastanza di queste occasioni dove ogni gesto, ogni comportamento, può allo stesso tempo, deliziarti o riempirti del tedio più stucchevole?
– Avevo pagato in anticipo, non potevo tirarmi indietro, avrei perso dei soldi.
– I soldi sono tutto… certo, ma pochi soldi sono niente.
– Pensa per te.

E se il momento fosse quello giusto? Nel senso di dilatare…, rallentare…, evitare…? Caro amico falegname hai mai pensato alla monotonia ripetitiva, all’inconscia compulsione, dei tuoi gesti, delle cose che fai?
– Certo che ci ho pensato. E non vi ho trovato nulla di sbagliato.
– Per assurdo potresti morire ora senza provare rimpianti. Quello che c’era da fare lo hai fatto. Non fai che rifare. Sei un rifacimento.
– Dove vuoi andare a parare? Se qualcuno ci sentisse adesso, proverebbe compassione!
– Non agitarti, ti sto provocando, non te ne sei accorto? Quando ci siamo conosciuti sembravi più sveglio, mas rapido. Voglio dire…, replicare all’infinito le stesse cose, simulando disinvoltura e noncuranza, ti può ancora bastare? L’insoddisfazione ti avrà sfiorato immagino?
– Come per tutti, ogni giorno. E allora? È la norma. Assolutamente nella norma.

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L’armadio dell’odalisca

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Il carpintero e l’odalisca. 30 – Uno pseudo viaggio – Un mucchio di donne – Uno pseudo incontro – L’armadio immaginato dell’Odalisca – Il tango è donna – Piacere fisico.

Posso…?
Non farmi niente…!

Uno pseudo viaggio

– Ho intenzione di andare.
– Quando?
– Al massimo entro due tre settimane. Se vuoi venire devi decidere in fretta.
Lo sguardo di Amedeo era determinato, allucinato, pericoloso. Gli capita di rado e quando succede non c’è verso che torni sui suoi passi. Il suo cervello ingombro e affastellato ha già deciso. Amedeo è schiavo del suo cervello. La sua mente decide senza ascoltare le altre parti del corpo a cui non resta che eseguire rassegnate e controvoglia. È sempre stato così: un cervello troppo potente in un corpo troppo debole.

Alla fine, dopo pochi minuti di ricognizione su presente e futuro, anche il possibile secondo viaggio dello scorso anno non si è fatto. Allo stesso modo del primo fra gennaio e febbraio, è rimasto un tentativo di… viaggio, un simulacro di una realtà che si è esaurita. La mezza proposta di andarsene in quell’insolito periodo – primavera a Baires – non ha avuto seguito. Non c’erano i presupposti. Amen.

Amedeo imperturbabile ha trovato la mattinata giusta. Quel giorno il sito Iberia dava ai fortunati che si collegavano una chance imperdibile: poco più, poco meno, di settecentocinquanta euro. Presa al volo… è proprio il caso di dirlo.
Andata e ritorno, Ida y vuelta, un mese meno un giorno, più di quanto servisse, ma andava benissimo come scusa per starsene lontano, lontani, dove il mondo non è uguale, la vita è diversa e l’aria è sempre in movimento…, pur non essendo migliore: Baires… ovviamente, sempre lei la meta, il sogno ricorrente, il posto dove stare senza pensieri, senza pensare. Almeno per chi arriva dall’altra parte del mare.

Lui assieme al suo fastidioso carattere sarebbe partito… Marco Polo, Barajas, Ezeiza, Bernal. Io sarei andato con lui…
A parole, con la testa, solo con quella senza il resto, immaginando giorno dopo giorno, per un mese meno un giorno, di fare quello che avrei fatto se avessi volato sul serio, sopra quello specchio di colore simil ocra, il colore del leon, che si vede guardando sotto, dopo aver sorvolato l’Uruguay: il Rio, il grande Rio così simbolico, così presente, così contaminato e orrendamente umiliato durante gli anni della follia civile.

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A tu per tu con l’odalisca

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Il carpintero e l’odalisca. 29 – Viaggio in Italia – Marco Polo – A tu per tu – Una mirada ossessiva – Di larghe vedute.

Addormentato… sul divano…
Ora tisana “benedettina”…. un po’ di miele e tanto limone…

Viaggio in Italia

Baires non è dimenticabile. Non si può dimenticare. Quest’anno niente viaggio, nessuno scalo a Barajas.
Ezeiza la porta dal cielo di Baires resterà lontana, irraggiungibile. Meglio non pensare a Baires… inutile e controproducente, ti mette in una condizione di pseudo astinenza facendo sembrare precari e stentati i momenti del giorno e della notte.

Di rado sento Giordano, il mio amico falegname di Bernal. Stranamente si è fatto prendere dal lavoro che, a suo dire, ha cominciato ad amare: – in mancanza di altro si può amare anche il proprio lavoro – così, mi ha rivelato con inconsueto disincanto, l’ultima volta che ci siamo sentiti. Una specie di seduzione posticcia, generata più dal bisogno che dal piacere.

Stento a credere, non gli credo, lo conosco, non sarebbe capace di tanto. Ha  conosciuto una persona, una donna… ecco il vero motivo, altro che lavoro. So poche cose di questa lei. È stato parco nel raccontarmi…, non è da lui: – è successo senza cercare, per pura combinazione -.
Ha annacquato la sua dedizione al tango. È evidente che questa persona non è una milonguera… altrimenti… così non sarebbe.

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Gli ho scritto alcune volte. Rare le risposte e sempre a scusarsi per non aver dato attenzione alle precedenti. Ho perso un amico, questo penso. La distanza non si riempie con le emails, gli sms, Viber, ecc. La lontananza è come il tempo: prima o poi le abitudini prevalgono, i contorni si sfaldano, restano solamente i colori mescolati fra loro, a rendere sfumata e indistinguibile ogni cosa.

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Mezzo appuntamento

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Il carpintero e l’odalisca. 28 – Cadavre exquis – Nostalgia porteña – Niente odalische – Trieste come Baires – Dubbio, polvere e simbolismo – Due amiche da lontano – Dentro la ex pescheria – Pietre, lacrime e relitti – La sosia dell’odalisca.

Non ho segreti… in cucina…
Empanadas o strudel salato: tre gusti distinti: uno meglio dell’altro….

Cadavre exquis

– Sei connesso?
– Sai che ora è?
– Le otto… di mattina… sabato. Sono al secondo tazzone di caffè.
– Imbecille qui sono le quattro, fa ancora buio, perché mi hai svegliato?
– Non lo so. Se vuoi ci sentiamo più tardi…
– Oramai sono in piedi… faccio pipì, aspetta… Allora que pasa?
– La sosia dell’odalisca…? Quella incontrata sul ferry… da Colonia del Sacramento, non dirmi che non ti sei dato da fare per rintracciarla.
– Certo che mi sono dato da fare e naturalmente l’ho beccata. Non è stato difficile.
– Spiega!
– Non ora… Casomai dopo. Mi aveva dato un mezzo appuntamento.
– Un mezzo… cosa?
– Sono parole sue. Anche io me lo sono chiesto.
– Perché non chiedere a lei?
– Troppo semplice.
– Mezzo nel senso che anziché durare quanto necessario si sarebbe interrotto sul più bello? Oppure che vi sareste visti a metà strada fra Quilmes e La Plata? O ancora… che non vi sareste visti per niente perché avreste fatto solo un tratto di strada: tu da una parte, lei dall’altra? Oppure che avreste parlato senza cenare, o cenato senza parlare… in silenzio… come due Sadhu?
– Smettila! Le ho proposto di giocare ai “cadaveri eccellenti”. Anziché carta e matita…, Whatsapp.
– Ha accettato?
– Si è divertita… lo vuole rifare…
– Quando…? Al prossimo mezzo-appuntamento? Fammi vedere sono curioso.

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– Non è necessario capire tutto… vieni a trovarmi?
– Verrò senza capire…
– Non venire! Finalmente ho dormito bene. Di notte vorrei… dormire. Ero distrutta, giornata lunga, non sono abituata…
– Ti ho trovata… avresti mai detto…?
– Ero a pranzo, un inizio di mal di testa… non voglio ammalarmi.
– Copriti…
– Allora vuoi venire da me… si o no?
– Non è proprio il caso…
– Sono rientrata sana e salva. Anche stavolta i lupi non mi hanno presa. Potrei civettare… ma con chi… Certi uomini sono polipi… perdono il loro tempo, sono diventata insensibile: a tutto!
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Due occhi chiari

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28.2 – Un modo dissimile – gente per bene – melodia e ritmo – cadono e volano – voce antica – un oceano di pelo nero – provvidenziale dissetata – a passo d’uomo – tre taglie più piccola – senza alcuna convinzione.

Mi ricorderò ogni attimo per un bel po’… credo…
Meglio dimenticare…

Terzo viaggio.

Febbraio 2013. L’estate, quella di Baires è un’altra cosa. Esattamente non saprei… cosa. So che l’aria è diversa, altri colori, sarà la cadenza del tempo, forse le ore durano più a lungo. Anche le persone si muovono in un modo dissimile… dal nostro. Più resto da queste parti e più a lungo ci resterei.

Bernal, il mio barrio, dove soggiorno quando mi trovo a Baires, è un posto tranquillo, il Rio è a qualche chilometro e la gente che vi abita e che ho avuto modo di conoscere è sempre cordiale e premurosa. Da noi si direbbe: gente per bene.

Lo status di turista che mi porto dietro come marchio indelebile, mi rende accettabile ben oltre le aspettative. Qui sono io ad essere esotico e come tale dò agli altri senza alcuno sforzo, il motivo di tante attenzioni nei miei riguardi.

Capplegnami_Baires_Bernal_Studio

Ogni mattina mezz’ora di running: trentotto quadras. Non è tanto: è abbastanza. Non sono mai le stesse, variare il percorso senza uscire dal mio territorio è semplice. Da noi non sarebbe possibile per via di un diverso approccio al concetto di urbanistica. Fa già caldo e si suda parecchio.

Uso lo shuffle di prima generazione: solo tangos e qualche valsencitos. Niente milongas né candombe, il loro compas non si adatta alla frequenza delle mie falcate. Ho scelto con cura i brani: melodia e ritmo, devono esserci entrambi, altrimenti sono scartati. Correre è come ballare. Senza melodia si balla male, idem senza ritmo. La prima accresce la passionalità. Il secondo aiuta a tenere il tempo. I musicalizadores che non prestano attenzione a questa regola elementare sono idioti.

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El puente viejo

Capplegnami_Baires_PuenteViejo

28.1 – A precipizio sul water – calma placida – frenesia iconoclasta – perdere l’equilibrio – una parvenza di valore – geometrie arancioni – senza alcun rimpianto – come un barbagianni – avanzi di un asado – uno spazio grande quanto un fazzoletto.

Che fai di bello?
Never more… (E.A. Poe) – Nunca mas… (per gli argentini) –
Mai più…!

Terzo viaggio.

I mesi sono volati via. Di corsa: fra tango, donne e dolori…
Ma… tornando ad un venerdì dello scorso febbraio: …il caldo dell’estate australe è avvolgente, non lascia scampo, la brezza costante mitiga appena il senso di soffocamento, sono le due del pomeriggio, i piatti sono lavati, la pancia è piena e le tazze grandi, colme di caffè bollente sono pronte.

Aspetto… non arrischio, non voglio scottarmi le labbra, guardo Amedeo che come al solito a quest’ora ripassa per la seconda volta (la prima è di mattina presto, appena sveglio, la terza è di notte a qualsiasi ora, prima di andare a letto) il suo quotidiano on line preferito sul nuovo iPad mini, che funziona benissimo nonostante il suo scetticismo iniziale dovuto alle sue grosse dita, sproporzionate rispetto alle dimensioni ridotte del display.

Capplegnami_Baires_Inmobiliaria

Ora invece ci si è affezionato a tal punto che in casa non lo molla mai, nemmeno per fare pipì: lo appoggia sullo sciacquone in equilibrio instabile a precipizio sul water. Fino ad ora gli è andata dritta.

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Giovani milongueros a San Telmo

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27.2 – Un cane al guinzaglio – non conosco nessuno – non è tecnica è naturalezza – un cappello rovesciato in mano – l’assenza: di sentimento – il tango è fra due persone – in piedi per tutto il tragitto.

Non voglio trattenerti… è tardi…
Uff… adesso mi preparo…

Terzo viaggio.

– Aspetta… hanno rimesso la musica: tango. Forse riprendono a ballare…
– No, io vado, sono stanco, ho fame di gelato, voglio arrivare a Bernal e farmi una coppa da Bastiano.
– Amedeo sei come i bambini.
– Cioè… come sarebbero…?
– A tua immagine…, impazienti e fragili…

– È tutto il giorno che ti seguo come un cane al guinzaglio, in lungo e in largo per Baires, prima in quel cavolo di posto a Dulmes per le scarpe, poi al museo…
– Al museo ci sei voluto andare tu.
– Che centra faccio per dire che ci siamo stati, e che non ci siamo fermati un attimo, adesso a San Telmo… Avrò diritto di tornarmene a casa… o no?!
– Bueno… fai quello che vuoi…

– Non te la prendere, io adesso vado. Appena arrivo, mi metto tranquillo, di fuori su un tavolino. Da Bastiano c’è il wifi, con Viber chiamo la morosa prima che vada a letto, ci parlo… dieci minuti…
– Vorrai dire mezz’ora… se basta.
– Che differenza fa, ti aspetto lì, non tardare, ricordati che alle otto hai la lezione al circulo.
– Si papà… a dopo allora. Ah lasciami delle monete, se la tessera della Sube la tieni tu ho bisogno di spiccioli per l’autobus.
– Domani andiamo al Correo Central e facciamo un’altra tessera.
– Intanto dammi qualche moneta, per domani ci penseremo.

Capplegnami_Baires_Milongueros

Sono solo, non conosco nessuno, conosco solo lei la mia adorata plaza Dorrego. Il tango che sto sentendo è La Cumparsita, una versione nota. Ho un blocco, non riesco a collegarla all’orquesta che la sta suonando. Non importa, anche con questo impianto fai da te a batterie, low-fi che di più non si può, è bellissima.

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Noche a San Telmo

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24.2 – Cochabamba 444 – inicio classe hs 20 – geroglifico egizio – cadente, molto off – l’ora dei porteños – musica en vivo – dobbiamo tornare indietro – terrina di pesche al limone.

Mi manca di ballare… uno strazio…
Ci rifaremo…

Terzo viaggio.
Eric il maestro del circulo ci propone di andare l’indomani a San Telmo alla milonga 444 in Cochabamba stesso numero civico. Siamo tutti d’accordo. Dice che di jueves c’è un sacco di gente e si balla alla grande.

Il giorno dopo su FB Isabela declina: si deve alzare la mattina presto e non può fare tardi. Idem Gabriela. Anche Eric per non essere da meno, all’ultimo ci ripensa e tira il pacco: impegni famigliari. Matilda invece conferma: ha voglia di tango, questa sera vorrebbe ballare. Bueno, si va. Appuntamento alle 19 davanti alla fermata del 22 a Bernal. I soliti quarenta minutos di sobbalzi: per fortuna abbiamo saltato la cena. Il nostro colectivo preferito non scherza e non si smentisce.

Vogliamo beccare la classe dalle otto alle dieci, così socializziamo con gli altri e qualcosa impariamo. Chiuso, sprangato a meno di cinque minuti dall’apertura. Siamo a Baires: gli orari sono elastici. Non ci resta che attendere. Un bar a due passi ci serve quattro agua con gas.

Capplegnami_Baires_Sequenza

Ezio torna fuori a controllare. Dopo una decina di minutos ritorna, preso al guinzaglio da un essere a metà tra un cetaceo ed un crostaceo. Lo guardo: – perché te la sei portata dietro, sei impazzito?
– Era sola davanti all’entrata, vorrebbe provare il tango, sarebbe la sua prima volta.

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Nueve a uno

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24.0 – La forza dell’abitudine – nivel excelente – capelli nero fuliggine – todas para vos – grandi camminate – sante o stupide – nel corridoio d’entrata – vecchie infradito ai piedi – dimentico di pagare.

Ti piomberanno addosso come lupi…
Sono contenta che mi hai scoperta…

Secondo viaggio.
Non ritorno. Se le cose stanno come mi è successo l’altra sera, dovrò pensarci.

Anni addietro esisteva la via della seta, ora a Bernal esiste la meno impegnativa, ma non meno importante, via del gelato: va dalla casa bianca dove abitiamo all’esquina in fondo alla Nueve de Julio. In quel punto si trova il nostro gelato preferito: all’acqua, solo ingredienti naturali, buonissimo…

Ogni giorno percorriamo obbligatoriamente questo tragitto, fatto di una decina di quadras. Il sistema delle strade organizzato a quadras, permette infinite varianti fra un punto di un percorso e l’altro. La forza dell’abitudine ha facilmente la meglio sulla fantasia e la voglia di cambiare. Succede che un tragitto più degli altri diventa quello standard, quello che, pur senza alcuna ragione, è usato più di sovente.

Lungo questa via al gelato, mas o meno a metà della fatica, c’è un “circulo catolico”. Da qualche giorno incollato al portale in legno massiccio del circulo, un volantino a caratteri cubitali, nero su bianco, grafica zero, stringato nello stile quanto nel messaggio: miercoles Hs 20:00 classe de tango, nivel excelente.

Capplegnami_Baires_Bernal

Passa e ripassa, leggi e rileggi, la curiosità ha la meglio: decido di andarci. Mercoledì sera all’ora stabilita mi presento. Maestro giovanissimo, si e no veinticinco años, carnagione più scura della mia, capelli nero fuliggine appena ondulati, occhi simpatici più scuri del nero di seppia, vestito modestamente e un po’ trasandato, più timido di me, non sa una parola che sia una di italiano. Io di castellano ne saprò in tutto una trentina. Ci intendiamo al volo. Venti pesos per un’ora e mezza di lezione collettiva.

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A piedi di notte

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22.2 – Confiteria Ideal – devuelve i pesos – la notte di Baires – Correo Central – Un portico dormitorio – barba pungente di tre giorni – mezzo chilo di gelato.

Non si può ballare con chiunque.
Con chi allora…?

Secondo viaggio. Pare che la Confiteria Ideal, uno dei luoghi simbolo del tango di Baires, si sia impantanata in una fase di perdurante declino.

Pochi ci vanno, neanche vi fosse pericolo di qualche contagio. Forse è la fama esagerata che si è creata attorno a questa milonga a decretarne l’ostracismo: il luogo  è considerato troppo turistico.

L’altro pomeriggio sul tardi, dopo essere stati a zonzo per Esmeralda, Lavalle, Florida e Corrientes, abbiamo fatto una capatina a Suipacha, lì a due passi, proprio alla Ideal.

Milonga pomeridiana: ventitré pesos per entrare nel bailongo più famoso del pianeta. Saliamo al primo piano: ninguno. Solo la musica di un Di Sarli struggente proveniente da un impianto scadente.

Lo stupore per il vuoto che abbiamo davanti riempie i nostri occhi: increduli. Per qualche istante indugiamo sul da farsi, non di più. Riscendiamo le scale, per chiedere spiegazioni alla bigliettaia. Costei gesticola con le mani e blatera parole che non comprendiamo. Le chiedo se ci devuelve i pesos che abbiamo sborsato, vorremmo andarcene: non fa una piega, li prende dalla cassa e ce li ridà. Usciamo.

Sono quasi le otto di sera: andiamo a cercare una parrilla dove poter mangiare un choripan e bere una coca. Finalmente ci sediamo. Il posto è di quelli per soli turisti, dove non vorresti nemmeno fermarti a dare un occhio al menù sulla strada. Chi se ne frega, ci portano delle papas españolas buonissime.

Dopo un’ora y mieda ci ripresentiamo davanti alla Confiteria. Fra non molto dovrebbe iniziare la milonga serale. È ancora presto. Nessun movimento. Ci facciamo ancora un giretto nei dintorni.

Fidarsi è bene, non… Di ritorno restiamo in piedi sull’altro lato della strada in attesa che qualcuno, più audace di noi, paghi il biglietto. Anche stavolta nessuno entra. Qualche curioso, si sofferma sull’entrata, finge, pensa, ripensa e se ne va.

Capplegnami_Baires_Rosada

Dopo mezz’ora Amedeo si è fumato quattro delle sue sigarette residue: ha deciso di smettere proprio qui a Baires e l’ultimo pacchetto a disposizione è mezzo vuoto. Stufi di aspettare ce ne andiamo. Questa notte la gente tanguera di Baires ha abbandonato la Ideal. E noi con loro. Le alternative non mancherebbero. Che fare? Amedeo è stanco e nervoso a causa di questi contrattempi.

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Empanadas sotto chiave

Capplegnami_Baires_Empanadas_

22.1 – mezza porta di servizio – lasciare perdere e telare – laboratorio prigione – Osvaldo Fresedo – tornare a scuola – forma e il metodo – descapacitados dell’ultima ora.

Si dicono tante cose… e si dimenticano subito.
Che bello… ho un po d’invidia…

Empanadas

Secondo viaggio. Baires, barrio di Bernal. Ho scoperto che di fronte a casa a non più di venti metri, all’esquina con Maipu, c’è un laboratorio artigianale di empanadas. Le serrande a rete di robusto metallo a maglie larghe sono sempre giù.

L’aspetto del posto è chiuso fisso, sprangato, anche quando verso le sette di sera le luci all’interno si accendono e dalla parte superiore non smerigliata dei vetri si scorgono due persone indaffarate. Lo scorso anno lo abbiamo sempre ignorato ed evitato. Non saprei dire perché. Questa volta no.

L’altra sera, più che altro incuriositi e senza nessuna aspettativa, verso le venti abbiamo bussato sui vetri: una giovane donna è venuta ad aprirci e dopo avere girato la chiave per due mandate ci ha fatto entrare dalla mezza porta di servizio, ricavata nella saracinesca dalle abili mani di un fabbro.

Per entrare ci siamo abbassati, altrimenti avremmo battuto la testa. Infatti all’uscita una legnata alla nuca ha lasciato il segno per qualche giorno. Alle nostre spalle la ragazza ha prontamente richiuso di nuovo a chiave. La sensazione, durata un attimo, è stata di avere perso la nostra libertà.

Capplegnami_Baires_Sdraietta_

L’altra donna, più in là con gli anni, con l’espressione del volto gentile e disponibile, si è quasi scusata, spiegandoci che stanno sempre chiusi anche quando, contro ogni apparenza sono aperti.

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La odalisca y el bandoneon

Capplegnami_Baires_Klimt_Abbraccio

Il carpintero e l’odalisca. 15 – profumo di odalisca – el bandoneon – a occhi chiusi.

Ti piace Picasso?
A me piace Klimt.

Profumo di odalisca.

– Rispondi…!
– Ola…?
– Era ora…, è da un po’ che ti cerchiamo.
– Stavo grattando. Devo levigare un vecchio tavolo in legno di quercia con inserti in teak. Ho lasciato il cellulare dentro una tasca dei calzoni sull’attaccapanni vicino alla porta: non ho sentito lo squillo. Che c’è?
– Noi domani torniamo a Puerto Madero. Il puente de la mujer è così poetico, vogliamo rivederlo. Ci manca.
– Vi manca un ponte? Siete fuori…

– Strano che tu non capisca. Attraversarlo a piedi ti riempie di meraviglia e di buone sensazioni. Quando ci sei sopra sei talmente preso dalla sua armonia architettonica, da dimenticarti di tutto il resto. Hai l’idea di restare sospeso, la stessa che ti viene spontanea quando lo guardi da una certa distanza. Ti senti a contatto con la bellezza.
– Se va bene a voi…?
– Possibile che non c’arrivi? Volevamo chiederti di accompagnarci. È il ponte della donna, della milonguera: appesa, quasi aggrappata al suo uomo nella calesita.

– Vuoi farmi da guida? Non penso di averne bisogno tanto più se è improvvisata da uno come te. Se non dovesse esserti ancora chiaro io sono porteño e Baires è la mia città: dove sono nato e cresciuto.
– Visto che da un po’ ti si è completamente fuso l’apparato pensante, e non solo, per una donna, si pensava che non ci fosse posto migliore per proseguire nei nostri… tuoi racconti. Hai notizie dell’odalisca?
– Anche se volessi, non potrei. Non domani È un giorno feriale e devo lavorare, altrimenti me lo spieghi come farò a tirare avanti.

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– Guarda che Amedeo, ti apprezza molto come falegname, oltre al fatto che ritiene tu sia a buon prezzo. Quando ci porterai il conto ha intenzione di proporti un sacco di altri lavori per la casa. Da quanto ne so ne avresti per due buone settimane, dandoci dentro. Ci potremmo vedere domani mattina alle nove e mezza alla stazione di Bernal. Tu arrivi da Quilmes, ci incontriamo sul treno.

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Contabilità argentina II parte

19.1 – Contabilità argentina II parte – camerieri gentili – gli scalpi dei nativi – abitudinaria e ricorrente – effetti nocivi – viaggio in letargo – imparare, assimilare e praticare.

Se non ci fossi tu non so chi mi potrebbe invitare questa sera?
Non è detto… Io comunque ci sono.

Meno undici: questo è il numero di ore per il pieno di tango di giornata. Bastano e avanzano. Chi mai possiede tanta passione e tanta tenacia per poterle sfruttare tutte?

Tanbien ci sono quasi due ore, passate nella nostra gelateria-caffetteria preferita dove c’è il wifi e ci si può collegare alla rete. È un appuntamento fisso, a più riprese fra mattina e pomeriggio. Il proprietario Bastiano ci ha preso in simpatia ed è sempre felice di raccontare, in piacevoli chiacchierate seduto al nostro tavolino, della sua infanzia passata in un paesino, alle pendici del Pelmo nella Val Zoldana.

Gli ho promesso che dopo il mio rientro in Italia, alla prima domenica di sole, sarei andato da quelle parti a portare i suoi saluti ai parenti e amici che gli sono rimasti.

Le ore passate in questo locale sono di assoluto relax, senza alcun pensiero fuorviante. Camerieri e addetti a gelato e pasticceria hanno cominciato a riconoscermi ed io ho fatto altrettanto. Sono giovani e gentili, sanno della nostra amicizia con Bastiano, e probabilmente vogliono far si che questo legame possa godere anche del loro contributo.

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Contabilità argentina I parte

19.0 – Contabilità argentina – otto di sonno – con le scarpe in mano – stereo notturni – uno stormo di draghi – camion e flete – sonno inossidabile – pranzo e cena – rito catartico – borse strapiene.

Balli?
Forse.
Forse quando?
Forse alla fine della coda.

La giornata sta correndo, dopo il pieno di empanadas e dopo avere fatto i piatti, mi fiondo fuori sulla sdraietta, vicino alla fontana, nel cavedio di questa casa bianca. Le canne di bambù mi riparano dalla luce a picco del sole e dal suo calore. È l’ora di una breve siesta, resto in dormiveglia, tento di resistere, non voglio assopirmi.

Amedeo per fortuna chiama. È pronto uno dei caffè pomeridiani. Sorseggio facendo attenzione, accosto le lebbra ai bordi bollenti della mia mug, colma fino all’orlo, del solito acquoso caffè che mi piace bere.

Sono venuto in questo sur per fare il pieno di tango: a tutte le ore, sempre pronto con le scarpe in mano.
Tango…?

Vorrei tentare di far di conto sul mio tempo a Baires.

Le ore di sonno sono circa otto cada dia.
Fin da piccolo ho imparato a dormire senza lamentarmi anche su superfici dure, piastrelle, assi di legno, per terra sull’erba. Ciò nonostante dopo un paio di settimane e più, non mi sono abituato al nuovo materasso porteño. Sarà il caldo: è intenso anche di notte e la ventola coloniale al soffitto della mia camera, aiuta poco. Dopo alcune notti Amedeo si è deciso a mettere in funzione la climatizzazione. Non capisco perché non lo abbia fatto prima. Non glielo chiesto.

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Medialunas de grasa

Il carpintero e l’odalisca. 09 – raccontastorie – scemo integrale – l’aurora e il choclo – eccessivo e teatrale – donna dell’ottocento – uno psichiatra di fiducia? – rammenta chi sei – i pappagalli di Bernal – misuragli la febbre – bellicose soires – l’obbligo divino – medialunas de grasa.

Sono io…?

Chi credevi che fosse?

– Voglio andare a dormire, datemi un letto.
– No, tu resti qui e continui a raccontare.
– Sono le tre di notte… passate da un pezzo.  – Non importa, si va avanti ad oltranza.
– Perché? Che volete da me? 
- Niente, vogliamo sentirti parlare. Ti abbiamo adottato: sarai il nostro passatempo, il nostro raccontastorie.
– Amedeo… non sei tu quello che di solito fa le battute al vetriolo?
– Certo. Mi sanguina il cuore… Vorrei aiutarti … Impresa impossibile… Saresti già da buttare. Vogliamo sapere fin dove ti spingerai con le tue paranoie per questa donna. Vogliamo sapere di lei, questa odalisca, questa incantatrice che ti ha ridotto in questo stato.

– Primo nessuna paranoia. Secondo è bellissima! Voi non immaginate quanto.
– Senti questo scemo integrale… Come puoi dire una cosa del genere… di una donna che hai vista due volte…!
– No. L’ho incontrata ancora.
– Allora è vero?! Bene è da qui che dobbiamo ripartire. Metti sul fuoco tre pannocchie, sono nel frigo. Mi raccomando il sale: né tanto né poco.
– Pannocchie?! Alle quattro meno un quarto di notte? E sarei io quello fuori di cabeza…?!

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Sharazad, l’idiota e il coatto

Il carpintero e l’odalisca. 06 – aspettativa disattesa – asciugamani e ricambio – mi fermo a cena – solamente ballare – solamente ballare? – Chandon e salame – non più di un’ora – un Remis per Retiro – niente vals – Sharazad, l’idiota e il coatto – le avanguardie storiche – polenta e porcini.

Dov’eri?
A casa… niente tango.

– Allora che facciamo? Andiamo o restiamo?
– Eugenia non ama le pause, le sospensioni. In pratica non tollera tutto ciò che è lasciato in sospeso. Fosse anche una notte in compagnia… nondimeno le si dovrebbe trovare un senso. Tanto per fare, non è previsto, non esiste. Lei vuole che il suo tempo sia costantemente sottomesso alla sua volontà. Ogni azione interrotta, ogni intenzione rimasta tale, ogni aspettativa disattesa, la rende vulnerabile. Ha bisogno di sapere. Vuole sapere.

La voce di Giordano è tornata nella nostra casa. Non ne poteva più di stare a La Plata: quattro giorni a montare i nuovi mobili negli uffici dell’intendenza fiscale per dieci ore senza break, todos los dias lo hanno tramortito e reso inoffensivo più di quanto già non fosse.

– Quando sei arrivato? – Adesso. – Come adesso? Sarai andato a Quilmes, a casa, a cambiarti prima di venirci a trovare.
– No. Sono sceso dal treno a Bernal, ho preso un doppio cono da Bastiano ed eccomi qua.
– Ora capisco perché puzzi così tanto.
– Ok Amedeo, hai fiuto, è da ieri che non mi lavo. Se per voi va bene, potrei farmi una doccia qui…, ci metterei un attimo.
– Amedeo ha ragione. È meglio che tu vada in bagno a darti una risciacquata. Ti porto asciugamani e ricambio.

– Fai in fretta e non esagerare con l’acqua calda, il caffè sta venendo su e io, noi, vogliamo sentire di Eugenia e dell’odalisca.
– Amedeo non c’è premura, non ho impegni e visto che siete così ospitali, pensavo di fermarmi a cena, che ne dite?
– Questo qui ci ha preso per l’opera don Bosco, dì qualcosa! Cazzo!

– A me va bene. Questa sera cucino io, tu rilassati, vai di là, prendi tre bottiglie di Chandon e mettile nel frigo.
– Ordini, sempre ordini, questa è casa mia e sono l’unico che non comanda.
– In compenso rompi, e non poco.
– E tu cosa aspetti là, va a lavarti, muoviti.

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Una brava maestra

18.2 – Una brava maestra – cadavre exquis – battenti di vetro – luce perenne – modernismo avveniristico –  Morfeo e bollicine – razzismo democratico – insofferenza e impazienza – ignoranza e intolleranza – né antidoto né vaccino – seduta ad aspettare.

Come mai questa sera non mi hai invitato?
Non lo so.

Giordano starà via per un po’. Gli è stato offerto un lavoro a La Plata, città universitaria e capitale del distretto amministrativo di Baires. Io e Amedeo faremo a meno di lui e dei suoi racconti. Non soffriremo.

Tornando indietro: mancavano pochi giorni alla mia partenza per l’Argentina. Durante una pratica serale, mi capitò di scambiare qualche parola con una brava insegnante, conosciuta da non molto tempo. Costei, avendo appreso del mio prossimo viaggio a Baires, mi mandò un’email il giorno dopo, con un lungo elenco di riferimenti sul tango, che mi sarebbero stati utili una volta sul posto.

C’era un po’ di tutto, dai consigli sulle scuole con i corsi da frequentare, a dove comperare le scarpe, ecc.… Restai sorpreso e accolsi quel vademecum con gratitudine. Appena a Baires invece, fin dal primo giorno, ho rinunciato a pianificare le ore di veglia, e ho lasciato che il caso, la fortuna, e le coincidenze, costruissero, come un cadavre exquis, il tempo delle mie giornate.

Ho improvvisato senza mettere mano ad alcuno schema, alla stregua di come faccio quando sono in milonga. Il foglio con l’email della maestra è ancora ben piegato in qualche tasca interna del trolley: è diventato un ricordo.

A Bernal, barrio a sur della Gran Buenos Aires, è mattino, le nove passate, sono sveglio dalle sette, le lenzuola sono fresche e non pesano sulle gambe. La mia camera ha due finestre, una esposta a nord e l’altra a ovest. A quest’ora la luce del sole non è fastidiosa, non acceca. Ho già bevuto due caffè mucho largos e bollenti. La tazza mug vuota è sul comodino.

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La sibilla di Bernal

17.6 – Torta di pere – dubbi e certezze – la sibilla di Bernal – chiedere è inutile – un tavolo di argentini veri – turista da un altro pianeta – quale pace? – la figlia di Lucia – un ultimo brindisi.

Balliamo?
Di me non sai nulla…!
Nemmeno tu… Ora però balliamo.

…Questo pomeriggio, in attesa della cena da Lucia, come tutti i giorni quando restiamo nel barrio, siamo andati da Bastiano a farci un gelato. Appena entrati, ci ha sorriso da lontano, felice di vederci. Dopo una quindicina di minuti ci è venuto incontro, ancora più contento, con una grande torta appena sfornata: tante pere, pasta morbida e tiepida, caramellata tutta intorno.

Senza chiederci ha tagliato due fette e ce le ha messe sul tavolo. – E ora ditemi se non è una delizia – ha aggiunto. Ragione da vendere: buonissima. Quindi, prima gelato alla frutta senza latte, di durazno y damasco, e poi questa enorme fetta di torta. E chi se ne importa del tango!

Mentre ci stiamo leccando le dita, Bastiano ritorna al nostro tavolo accompagnato da un’anziana signora. Ce la presenta: ha ottantasette anni, nata in Italia, sempre vissuta qui, fin da piccola: argentina cento per cento. Mi alzo per aiutarla ad accomodarsi. Parliamo. Bastiano le racconta che amo il tango, e che ho ripreso a viaggiare dopo anni, solo grazie ad esso ed alla voglia di venire a “scoprire” i luoghi dove tutto è iniziato.

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La verdulera

8.2 – La verdulera boliviana – niente prezzi – il vallo di Amedeo – cieca credenza – que mas? – tutto a memoria – sacre scritture e vitamine.

Il tango…? Per ballare, ballerei…
Ma con chi?

A Baires gli spazi – dove si vende frutta e verdura – sarebbe improprio definirli negozi, esagerato anche il termine spaccio, sono in genere gestiti da donne boliviane, di ogni età.

Da qualche giorno mi sto chiedendo come mai la fruttivendola di fronte a casa, non sia ancora stata cooptata come docente alla nostra Normale di Pisa o nominata emerita alla Stanford university.

Sulla merce esposta non ci sono i prezzi, solo lei li conosce, ed è evidente che siano ben impressi nella parte del suo cervello deputata alla attività mnemonica. Qualunque frutto od ortaggio tu chieda, lei prende dalle cassette di legno esposte e depone sull’ultra centenaria bilancia in ferro.

È di quelle ad un solo piatto, sospeso a tre catenelle, collegate all’altra estremità ad un’asta orizzontale, incisa per tutta la sua lunghezza, ad intervalli regolari, da tacche indicatrici del peso, ottenuto tramite un contrappeso a ciondolo scorrevole. 
Quando l’asta assume una linea perfettamente orizzontale, il peso della merce sul piatto è calcolabile con attendibilità, altrimenti la misurazione non sarebbe corretta.

Mi reco da questa donna andina una, due volte al giorno. Spesso mi metto in fila sul marciapiede dietro ad altri due o tre clienti in attesa del proprio turno, onde avanzare fino allo scalino che divide l’esterno dall’interno, e lì fermarsi.

Infatti dentro al locale c’è solo lei, gli avventori si fermano sull’uscio. Pochi hanno l’avventatezza di oltrepassare questo vallo, Amedeo è uno di quelli.
 Da questo invidiabile ma limitato punto di osservazione, non c’è stata una sola volta che io abbia visto l’asta coincidere con l’orizzonte.

Qui funziona così.
 La pesata dura un secondo, impossibile qualsiasi verifica, e ciò che, alla sua maniera, è stato pesato, viene istantaneamente messo da parte su un vecchio tavolo. Così di seguito con tutto quello che ti serve.

Il rapporto che si instaura volenti o nolenti è di cieca credenza, in quanto non esiste nessuna nota di ciò che è stato pesato. Dopo ogni pesata, a tempo di record, come un vecchio disco rotto, ripete due fatidiche parole: – que mas? Dal che deduci che non è muta.
 Se tu le fai capire che è abbastanza, ti spara, senza un attimo di indugio una cifra, equivalente al conto da pagare.

È evidente: lei tiene a mente i vari prezzi al chilo, memorizza le quantità pesate, fa le moltipliche, e alla fine, la somma complessiva. Tutto a memoria senza penna, o foglio, senza prezziario e con tutti i clienti.

Una mente brillante fuori dal comune, cui prestare una fiducia che con il tempo diventa fede incontrovertibile. Il rapporto che si instaura è del tutto simile a quello del devoto nei confronti delle sacre scritture: altrimenti niente spremute, niente insalate, e niente vitamine.

Link: Pensiero debole 8.0Ballando dentro casa 8.1 – Il cambio della verdulera 8.3 – Nunca Mas 8.4

Un tango alla volta…

Nome: Claudinette
Genere: Tango
Anno: 1940
Compositore: Enrique Delfino
Letras: Julian Centeya
Orquesta: Orquesta El Arranque con Diego Schissi
Canta: Lidia Borda
Registrazione: 2003
Ballano: Jesica y Gustavo Hornos – 2006

Ballando dentro casa

8.1 – La 2×4 – ballando dentro casa.

È più che una tentazione. Ballare il tango è un vero patimento.
Perché?
C’è la consapevole certezza che quello che hai in mente è fuori portata.
Si avvicina molto al masochismo.
No, è come provare ciò che non è possibile avere. O essere.

 Mi ero ripromesso prima di partire di sintonizzarmi appena possibile con le onde di una delle radio più famose e da me più invidiate di BA, La 2×4. Passa musica di tango e rubriche ad essa connesse ventiquattro su ventiquattro.

In Italia per ascoltarla devi possedere un apparecchio radio che via wifi si colleghi ad internet, e non sempre garantisce un segnale costante e decente.

A Bernal pensavo bastasse allungare completamente l’antenna periscopica e girare la rotellina delle frequenze. Invece no. La radio che Amedeo ha in cucina non prende la frequenza novantadue punto sette. Non c’è verso. Dopo un’ora di tentativi passati a provare ogni possibile dislocazione dell’apparecchio, oltre all’inclinazione e a vari orientamenti dell’antenna, desistiamo.

È incredibile, in questo angolo di BA sembra sia in atto un premeditato ostracismo riguardo alle cose di tango. 
Non mi perdo d’animo. In camera ho due borse di cd freschi di acquisto, vorrei però portarmeli a casa intatti con la plastichetta esterna intonsa.

Compromesso. Decido per i due dell’orquesta El Afronte, i ragazzi di San Telmo. Era ora. Le note potenti del tango giovane di questi autentici continuatori della tradizione, entra in questa casa, rendendo l’aria ancora più buona.

E con essa ballo simulando passione e compas, passi e movenze, con i piedi ben incollati al pavimento. 
Mi sposto di stanza in stanza, mi alterno su baldosas antiche e autentiche, parquet di larice tinto mogano, e non trascuro di certo le mattonelle rettangolari, spigolose e irregolari della cucina e del patio.

A farmi compagnia c’è solamente una tartaruga di bronzo: basta toccarle la testa o la coda e suona come un campanello di bicicletta. Amedeo in atteggiamento mansueto e ilare, mi si avvicina, e scherzando pretende di sapere subito quale acido abbia preso.

Link: Pensiero debole 8.0 – La Verdulera 8.2 – Il cambio della verdulera 8.3 – Nunca Mas 8.4

Dieta e Chandon

3.3 – La migliore gelateria della terra – el Caregon – dieta e chandon.

Andiamo a ballare?
Sai guidare…? 

A Bernal, il barrio dove abitiamo qui a BA, esiste una gelateria molto nota, appartiene ad un figlio di immigrati del Cadore, Bastiano – oggi sui settanta, ma ne dimostra una buona decina in meno – molto amico del mio amico.

In questo posto, uno dei rari luoghi pubblici dotato di wifi libero, da cui spedisco le mie emails e mi collego a internet [in seguito scoprirò che invece a BA la stragrande maggioranza degli esercizi pubblici mette liberamente a disposizione dei clienti il wifi] – in Italia non ne esiste manco uno, poveri noi! – si può gustare senza margine di errore il migliore gelato della terra. Il volo è valso la pena se non altro per questo.

In fondo alla gelateria appesa ad una parete in bella vista, in formato extra large, e sotto vetro, una foto del Pelmo. Resto ad occhi aperti. Vorrei pronunciare il nome di questa splendida cima delle Dolomiti, ma come spesso mi accade da qualche anno, il nome mi resta incollato alla lingua. Recupero immediatamente la defaillance ed esclamo – ma questo è il Caregon! – soprannome dato affettuosamente dai cadorini al Pelmo, per via della mole imponente e della immensa spalla che si risale in prossimità della cima.

Bastiano in piedi alle mie spalle, con cui ho già stretto una buona confidenza, non sta nella pelle, e senza pensarci su mi abbraccia con gioia, come si fa solo con gli amici di anni.
La parola Caregon lo ha mandato in visibilio.

Infine, e per oggi termino, Amedeo è un vero fan della dieta a base di bollicine: acqua, e sopratutto birra o Chandon che sia. Mi sono subito adeguato, non per solidarietà, ma per vero piacere. Per dieta intendo assunzione in misurato eccesso, non certo in difetto. Dopotutto, lontanissimi dalla nostra terra che potremmo fare se non sfumare le nostre tiepide e soleggiate giornate in compagnia di buone bottiglie, piene di tutto ciò che serve per stare meglio.

Link: The day (two) after (landing) 3.0Autobus 22 3.1Turisti e viaggiatori 3.2

Casa bianca

2.3 – Bernal – casa bianca – nostalgia.

Posso invitarti?
Sei sicuro di farcela…?

L’auto prosegue verso sud, ancora più giù, oltre Avellaneda. C’è ancora parecchia strada da fare.
Dopo 40 minuti eccoci a Bernal, il barrio dove Amedeo alcuni anni fa ha trovato e comprato casa.

È bianchissima, più della calce, i vetri sono colorati come quelli delle chiese. Il portoncino e la ringhiera che dà sulla strada sono neri. Tutto è al piano terra. Il giardinetto con la fontana è curato e ordinato. Fiori e Bouganville sono un tripudio luminoso quasi avessero saputo del nostro arrivo.

I grandi alberi che fiancheggiano la strada lasciano pochi spazi al sole invadente. La frescura è avvolgente e rilassante. In alto fra le fronde volano come ubriachi, strani uccelli. Non fanno che urlare. Sono pappagalli. Il cielo sopra Bernal è pieno di pappagalli liberi e dispettosi. Il mio Swarovski dieci per venticinque è rimasto a casa, dovrò rinunciare a fare birdwatching, la mia vecchia passione, mai estinta.

Di fronte oltre la strada, sull’oramai ex marciapiede, largo e devastato da grosse radici affioranti e da mille interventi edili alla meno peggio, due negozi primordiali in tipico stile tardo medioevale.

In uno prende posto una fruttivendola boliviana, furba, simpatica e attenta, la cui bilancia è senza ombra di dubbio, un reperto Inca; nell’altro carni su bancone open space, formaggi ed alimentari vari. Sembrano tutti vecchi amici di Amedeo, e lui ricambia la loro autentica gentilezza, con naturale spontaneità, dimostrando di sentirsi veramente a casa.

Più tardi, immancabile e attesa, arriva la nostalgia, un frullato di desiderio e dolore, rabbia e ansia. Malattia intensa che non si cura con le medicine.
Il tango con questo titolo – Nostalgias – è struggente. Ogni Orquesta che lo ha musicato e ogni cantante che lo ha cantato, lo ha fatto con il cuore in mano.

Di nostalgia me ne intendo, di solito inizio a sentirne i sintomi già appena fuori Codroipo, si e no quaranta chilometri da dove abito. A Bernal è certezza matematica. Non è possibile restare. Questo non è il mio posto. Voglio tornare… questa sera stessa, al massimo domani.

Amedeo chiama, è pronta la prima cena in terra argentina. Lo stomaco reclama, e i suoi ostinati bisogni hanno il sopravvento su tutto, nonostante che da diversi anni, il metabolismo abbia rallentato in modo più che evidente la propria foga. Un vero imbroglio. Una specie di autogol continuo che la bilancia certifica con quotidiana e spietata regolarità.

Per ora è abbastanza. Domani sarà un altro giorno e vedrò cosa e come fare per un auto-rimpatrio coatto e immediato.

Link: Un saluto senza gioia 2.0Pensare a colori 2.1Riachuelo 2.2