12.1 – Salon Canning – la maestra che non si tinge – scarpe tacco zero – impazza D’Arienzo.
Balli?
No!
Se continua così, il tango non sarà mai il mio forte…
Parole sante.
… Mentre ci avviamo a piedi, trovo il coraggio di chiedere al vecchio maestro il nome della Milonga a cui ci sta accompagnando. Mi risponde con naturalezza, meravigliandosi che io non l’abbia ancora capito: – El Parakultural Salon Canning.
Cavolo, – di nuovo – ma allora siamo nell’Olimpo! Uaoh… Il Canning oltre ad essere una fra le più note e frequentate milongas di BA, è allo stesso tempo uno dei simboli del cosmopolitismo della capitale.
Una larga parte dei video di tango presenti su Youtube sono stati ripresi in questo posto. Per questa sua accentuata fama che deborda i confini di BA, il Canning costituisce una delle mete preferite, sia dai porteños doc, che da moltissimi turisti. Diciamo fifty fifty.
Paghiamo il biglietto, pochi pesos. Varchiamo l’ingresso. Una volta dentro ci sentiamo avvolti da una sensazione rassicurante, accogliente, pare di trovarsi in un luogo protetto, famigliare. Grande emozione. La sala è quadrata, ampia. Lungo i quattro lati ci sono due file parallele di tavolini. Occupano parecchio spazio, e in effetti la parte centrale riservata al tango ne risente.
Il pavimento è in parquet di legno vero e vissuto. Ci accomodiamo al tavolo prenotato per noi dal maestro. Il quale, una volta assicuratosi sulla bontà della nostra sistemazione, prende e ci pianta in asso, andandosene dalla parte opposta, dove evidentemente, per accordi presi in precedenza, si incontra con i suoi amici aficionados – si rifarà vivo solo alla fine della serata.
Sta terminando una classe di tango. In pista ci sono molti allievi. È il corso di una maestra sui sessanta, capelli grigi, non tinti – era ora, una donna che non si tinge. Balla e insegna senza tacchi, indossa un paio di normali ballerine tacco zero, è flessuosa, da incanto. Ha una voce calda e parla con la cadenza rotonda e bellissima dei porteños.
Balla con leggerezza sia da uomo che da donna. I movimenti sono puliti, lineari, nulla è mostrato se non ciò che serve. Da sposare, – si fa per dire – ha la pelle pallida, curata, appena sciupata dagli anni, la figura è slavata, magra, uno e settanta, sembra Agatha Cristie. L’eleganza composta e la sobrietà le sono intime. Il corso finisce. [Mesi dopo ho cercato: il suo nome dovrebbe essere Ana Maria Schapirra, forse, non ne son certo].
La gente aumenta. La sala si sta riempiendo. Ogni spazio disponibile viene occupato. Amedeo ordina alla cameriera due birre da litro, qui usa così. Parlo, mi informo, ho la conferma che intuivo. Siamo alla prima delle tre serate del festival Misterio Tango.
Si comincia, si balla. Invito Lucia, come non potrei. È più che una cortesia. Veniamo da scuole diverse e l’impostazione che abbiamo differisce in alcune sfumature. La mia marca è timida ed insicura. Non importa, cerco di fare del mio meglio per condurla. Lei è felice, io in effetti sono un po’ teso. La prima tanda termina. Faccio pausa.
Qui impazza D’Arienzo. Una tanda dietro l’altra sempre di D’Arienzo. Ballo ancora con Lucia come se mi dovessi sdebitare di qualcosa. In effetti se questa sera siamo qui, è solo per merito suo.
La sala ora è strapiena. Non si cammina. Per andare a fare pipì, la mia solita prostata reclama, ci metto un sacco. Sei tandas di tango prima di un vals. La tanda di milonga neanche a parlarne. Arriverà anche quella ma molto dopo. Insistono con D’Arienzo, alternato a Di Sarli, poi Biagi, l’Orquesta Tipica Victor, – la qualità delle registrazioni è eccellente – poco Canaro.
Link: Portacenere a mano 12.0 – Esibizioni 12.2 – Andrea y Javier 12.3