Nostalgia

Capplegnami_Baires_Sorridi

24.1 – Libro chiuso – punta e clicca – nebulizzata e rinfrescante – giubilados y pensionados – cinque mujeres – come fa un’acqua a rompersi…? – conflitto all’arma bianca.

Eravamo stanchi… abbiamo camminato tutto il giorno per Baires…
Ho ballato parecchio più che altro allenamento…

Terzo viaggio.

Nostagia
Riprendo a scrivere. Sono rimasto bloccato, intorpidito per quattro giorni: l’effetto della nostalgia. Pensavo di esserne oramai immune, di aver sviluppato tutti gli anticorpi del caso e invece no. Ho ceduto anche stavolta.

Uno stato di sterilismo (neologismo…? bu…!?) cerebrale sovrapposto a milioni di pensieri, uno attaccato all’altro come le pagine di un libro chiuso: c’è un sacco di roba scritta a cui poter attingere, ma non ti riesce. La nostalgia è questo: non poter aprire il libro e cominciare…

Capplegnami_Baires_Tangos_

Foto
Nel frattempo ho scattato foto, punta e clicca. Non fa per me. O fai foto o guardi e vedi. Non puoi fare entrambe le cose. Non si può guardare dentro un mini display, o chiudendo un occhio, attraverso un mirino. (Due occhi sono già pochi, non è pensabile chiuderne uno). Si vede tutto piccolo come Gulliver durante i suoi viaggi.

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Nueve a uno

Capplegnami_Baires_Jardin

24.0 – La forza dell’abitudine – nivel excelente – capelli nero fuliggine – todas para vos – grandi camminate – sante o stupide – nel corridoio d’entrata – vecchie infradito ai piedi – dimentico di pagare.

Ti piomberanno addosso come lupi…
Sono contenta che mi hai scoperta…

Secondo viaggio.
Non ritorno. Se le cose stanno come mi è successo l’altra sera, dovrò pensarci.

Anni addietro esisteva la via della seta, ora a Bernal esiste la meno impegnativa, ma non meno importante, via del gelato: va dalla casa bianca dove abitiamo all’esquina in fondo alla Nueve de Julio. In quel punto si trova il nostro gelato preferito: all’acqua, solo ingredienti naturali, buonissimo…

Ogni giorno percorriamo obbligatoriamente questo tragitto, fatto di una decina di quadras. Il sistema delle strade organizzato a quadras, permette infinite varianti fra un punto di un percorso e l’altro. La forza dell’abitudine ha facilmente la meglio sulla fantasia e la voglia di cambiare. Succede che un tragitto più degli altri diventa quello standard, quello che, pur senza alcuna ragione, è usato più di sovente.

Lungo questa via al gelato, mas o meno a metà della fatica, c’è un “circulo catolico”. Da qualche giorno incollato al portale in legno massiccio del circulo, un volantino a caratteri cubitali, nero su bianco, grafica zero, stringato nello stile quanto nel messaggio: miercoles Hs 20:00 classe de tango, nivel excelente.

Capplegnami_Baires_Bernal

Passa e ripassa, leggi e rileggi, la curiosità ha la meglio: decido di andarci. Mercoledì sera all’ora stabilita mi presento. Maestro giovanissimo, si e no veinticinco años, carnagione più scura della mia, capelli nero fuliggine appena ondulati, occhi simpatici più scuri del nero di seppia, vestito modestamente e un po’ trasandato, più timido di me, non sa una parola che sia una di italiano. Io di castellano ne saprò in tutto una trentina. Ci intendiamo al volo. Venti pesos per un’ora e mezza di lezione collettiva.

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La maestra che non si tinge

12.1 – Salon Canning – la maestra che non si tinge – scarpe tacco zero – impazza D’Arienzo.

Balli?
No!
Se continua così, il tango non sarà mai il mio forte…
Parole sante.

… Mentre ci avviamo a piedi, trovo il coraggio di chiedere al vecchio maestro il nome della Milonga a cui ci sta accompagnando. Mi risponde con naturalezza, meravigliandosi che io non l’abbia ancora capito: – El Parakultural Salon Canning.

Cavolo, – di nuovo – ma allora siamo nell’Olimpo! Uaoh… Il Canning oltre ad essere una fra le più note e frequentate milongas di BA, è allo stesso tempo uno dei simboli del cosmopolitismo della capitale.

Una larga parte dei video di tango presenti su Youtube sono stati ripresi in questo posto. Per questa sua accentuata fama che deborda i confini di BA, il Canning costituisce una delle mete preferite, sia dai porteños doc, che da moltissimi turisti. Diciamo fifty fifty.

Paghiamo il biglietto, pochi pesos. Varchiamo l’ingresso. Una volta dentro ci sentiamo avvolti da una sensazione rassicurante, accogliente, pare di trovarsi in un luogo protetto, famigliare. Grande emozione.  La sala è quadrata, ampia. Lungo i quattro lati ci sono due file parallele di tavolini. Occupano parecchio spazio, e in effetti la parte centrale riservata al tango ne risente.

Il pavimento è in parquet di legno vero e vissuto. Ci accomodiamo al tavolo prenotato per noi dal maestro. Il quale, una volta assicuratosi sulla bontà della nostra sistemazione, prende e ci pianta in asso, andandosene dalla parte opposta, dove evidentemente, per accordi presi in precedenza, si incontra con i suoi amici aficionados – si rifarà vivo solo alla fine della serata.

Sta terminando una classe di tango. In pista ci sono molti allievi. È il corso di una maestra sui sessanta, capelli grigi, non tinti – era ora, una donna che non si tinge. Balla e insegna senza tacchi, indossa un paio di normali ballerine tacco zero, è flessuosa, da incanto. Ha una voce calda e parla con la cadenza rotonda e bellissima dei porteños.

Balla con leggerezza sia da uomo che da donna. I movimenti sono puliti, lineari, nulla è mostrato se non ciò che serve. Da sposare, – si fa per dire – ha la pelle pallida, curata, appena sciupata dagli anni, la figura è slavata, magra, uno e settanta, sembra Agatha Cristie. L’eleganza composta e la sobrietà le sono intime. Il corso finisce. [Mesi dopo ho cercato: il suo nome dovrebbe essere Ana Maria Schapirra, forse, non ne son certo].

La gente aumenta. La sala si sta riempiendo. Ogni spazio disponibile viene occupato. Amedeo ordina alla cameriera due birre da litro, qui usa così. Parlo, mi informo, ho la conferma che intuivo. Siamo alla prima delle tre serate del festival Misterio Tango.

Si comincia, si balla. Invito Lucia, come non potrei. È più che una cortesia. Veniamo da scuole diverse e l’impostazione che abbiamo differisce in alcune sfumature. La mia marca è timida ed insicura. Non importa, cerco di fare del mio meglio per condurla. Lei è felice, io in effetti sono un po’ teso. La prima tanda termina. Faccio pausa.

Qui impazza D’Arienzo. Una tanda dietro l’altra sempre di D’Arienzo. Ballo ancora con Lucia come se mi dovessi sdebitare di qualcosa. In effetti se questa sera siamo qui, è solo per merito suo.

La sala ora è strapiena. Non si cammina. Per andare a fare pipì, la mia solita prostata reclama, ci metto un sacco. Sei tandas di tango prima di un vals. La tanda di milonga neanche a parlarne. Arriverà anche quella ma molto dopo. Insistono con D’Arienzo, alternato a Di Sarli, poi Biagi, l’Orquesta Tipica Victor, – la qualità delle registrazioni è eccellente – poco Canaro.

Link: Portacenere a mano 12.0 – Esibizioni 12.2 – Andrea y Javier 12.3