17.4 – San Isidro – Hibisco – bellezza tentatrice – karkadè – verde smeraldo – marrone chiaro – Mariano Mores.
Dopodomani verrai a ballare?
Non credo, forse, non so…
A nord di Baires, a San Isidro, sembra di essere in una colonia inglese dell’ottocento. Tutto è lindo, ordinato. Non c’è paragone con quanto visto fino ad ora. In questa zona la vegetazione è grassa, fuori misura e ancora mas lussureggiante. Se da noi in Italia ad alcune piante basta e avanza un vaso di terra cotta, qui te le ritrovi ad albero, con radici ben salde al suolo e chiome fino al tetto delle case.
Gli Hibiscos sono enormi. Questo fiore bello quanto maledetto, si apre al mattino per chiudersi dopo il tramonto. Gli è concesso un solo giorno per mostrarsi. Guai ad innamorarsi di questi petali, portano alla rovina, alla perdita di tutto.
Baudelaire quando immaginò e scrisse il suo bellissimo e insuperato “Les fleurs du mal” avrà pensato a loro. Ricolmi di bellezza tentatrice inducono apprensione per le poche ore a disposizione – quelle di luce del giorno – per vivere ed esibirsi di frivola vanità.
L’unico modo per goderseli è quando sono morti, secchi e diventano karkadè: il mio infuso preferito, la bevanda che disseta in ogni stagione. Bollente, tiepida, fredda, non importa, è sempre buona.
Il karkadè che ho acquistato a Baires è di qualità eccellente. I petali sono lasciati interi. Appena si prendono in mano sono croccanti, un attimo dopo buttati nell’acqua si gonfiano rilasciando un intenso colore rosso. L’acqua diventa sangue trasparente, profumando delicatamente le narici che si accostano assieme alle labbra per bere.
Da queste parti anche il Rio appare più bello ed accettabile. È una questione di colori. Nella parte nord il Rio è meno largo ed il verde smeraldo della vegetazione circostante attenua decisamente il color fango delle sue acque.
Al sur invece, dove eravamo ieri, le due sponde sono in tinta. A dominare sono mille sfumature di marrone chiaro. È come se l’acqua avesse esondato e dipinto in modo indelebile, la terra che si trova per un lungo tratto oltre i suoi argini.
Trentasette gradi, fa caldo. Ci sono alberi con moltitudini di piccolissime foglie tremolanti. Riparano dalla luce accecante, facendo ombra. Il loro perenne movimento lascia filtrare la brezza del fiume, che dà un inaspettato ristoro. In pratica formano degli enormi Gore-Tex vegetali.
Oggi diciotto di un mese passato, il tango festeggia uno dei suoi celebranti, un fedelissimo: Mariano Mores il grande musicista, compositore e direttore di orquesta, compie novantatre anni.
Il Clarin – il quotidiano più popolare di Baires – gli ha dedicato pagine intere con articoli, foto e commenti e la municipalità, per non essere da meno, una targa.
Mores all’apice della sua notorietà si servì di una orchestra tradizionale composta da un gran numero di elementi, con svariati strumenti, non propriamente “classici”, se riferiti al tango. Le sue registrazioni hanno sonorità che richiamano il palcoscenico, lo spettacolo.
Questa caratteristica influisce sull’ascolto delle sue interpretazioni: è come se gli strumenti dell’orquesta tipica fossero soffocati e oppressi da quelli dell’orchestra sinfonica. Ottoni, percussioni, fiati e legni, prevalgono su bandoneon e violini. Il pianoforte resiste impavido. Potrebbe essere il motivo per cui Mariano Mores è raramente utilizzato nelle serate di milonga.
La memoria delle sue composizioni giovanili è più che mai viva e vegeta. Autentici capolavori, ineguagliabili, che hanno segnato l’ultima parte dell’epoca d’oro.
Da “Cuartito Azul“, in ricordo delle ore passate da studente a imparare note, nella sua piccola camera dipinta di azzurro, a “Taquito Militar“, milonga candombe, straordinario e trascinante. Poi “Uno” titolo e aria unici e inconfondibili, suonato in mille versioni e “Tanguera“, tango potente, eroico, fatto per essere ascoltato e ballato dai guerrieri.
Link: Il Rio il fiume largo 17.0 – Carlitos 17.2 – I due figli 17.3 – Assassination Tango 17.5 – La Sibilla di Bernal 17.6
Un tango alla volta…
Nome: El Adios
Genere: Tango
Anno: 1937
Compositore: Maruja Pacheco Huergo
Letras: Virgilio San Clemente
Orquesta: Edgardo Donato
Canta: Horacio Lagos
Registrazione: 1939
Ballano: Noelia Hurtado y Pablo Rodriguez – 2008