Gli occhiali dell’odalisca

Capplegnami_Baires_Peatones

Il carpintero e l’odalisca. 31 – Solo andata – A ripetizione – Tango rottura – Un paio di occhiali – In buona compagnia – L’acqua calda – Fra Recoleta e Palermo – Vita vissuta.

Non lo so.
Devi sempre sapere più di me!

Solo andata

– Come state?
– Sto bene. Io.
– E Amedeo…?
– Se n’è andato.
– Dove?
– Quien sabe…
– Quando torna?
– Non tornerà.
– E la casa bianca? Bernal?
– Per ora è rimasta sola… diciamo orfana. Bernal farà a meno di lui, come è sempre stato.
– Tu tornerai? Rivedrò almeno te?
– Forse… poco probabile. Se sarà, sarà per poco. È presto per dirlo. Dimmi di te. Come mai ti sei fatto vivo? Scommetto che ci sono novità? Que pasa?

– Volevo sentirti… gli amici ogni tanto si sentono.
– Non è da te carpintero, tu non sei un amico come gli altri.
– Ho sognato, ho fatto dei sogni.
– È normale, capita anche a me. A chiunque capita.
– Questa volta è stato diverso. Qualcosa stava per succedere. Non qui. È successo da voi, me lo hai appena confermato.
– I sogni non macinano, sono come l’acqua che corre via. Le coincidenze sono all’ordine del giorno. La loro frequenza è più alta di quanto non si pensi. Sono ricorrenti come i vincitori settimanali alle estrazioni.

– Il tuo populismo è senza antidoto. Quando ti ci metti… non c’è scampo… per nessuno.
– Ti conosco abbastanza e più il tempo passa, maggiore è la certezza che il tuo essere prevedibile prenda il sopravvento su tutto il resto. Tu chiami quando hai qualcosa da raccontare… da chiedere… da confidare…, da supplicare…, scemenze sentimentali, tiri di testa, incubi o semplicemente indefessa solitudine. O il maledetto lavoro. Niente è per niente.
– È solo un’impressione, mi pare di sentirti vanamente alterato. Ne avrai ben motivo, di certo non può essere la mia chiamata. Non voglio entrarci. Se e quando ne vorrai parlare, ci entrerò.
– Vanamente? Che cavolo stai…?
– Nel senso di inutilmente. Novantanove su cento, darsi pena per qualunque cosa o chiunque è inutile. Vano, per l’appunto.

Capplegnami_Baires_Cordoba

A ripetizione

– Andiamo oltre. Di che cosa si tratta questa volta? Le mie orecchie sono pulite e ben orientate. Il mio tempo è a disposizione, per te potrei mettermi in sciopero da tutto e da tutti. Parla! Per l’amor del cielo, non farti desiderare come è tuo solito, sai che non lo sopporto.
– Se è così che la metti, ti accontento subito. Avevo in mente di raccontarti per prima cosa di un paio di occhiali, poi di una (gran) serata al verde, di una febbre a trentotto e di alcune donne.
– Vedi… avevo ragione.
– Invece hai torto. Ti sto solo venendo incontro, mi conviene, non hai l’umore giusto per essere contraddetto. Sto inventando di sana pianta. Improvviso. Mi succede anche quando ho davanti una sedia sfasciata o un mobile sfondato e non so da dove cominciare. Le alternative sono: mettersi le mani nei capelli o tentare qualcosa… improvvisare appunto. Così faccio, così sto facendo.

– Occhiali…? Donne… ancora donne? Una serata… di tango, suppongo? Chi era con la febbre?
– Io, me.
– Non ne hai abbastanza di queste occasioni dove ogni gesto, ogni comportamento, può allo stesso tempo, deliziarti o riempirti del tedio più stucchevole?
– Avevo pagato in anticipo, non potevo tirarmi indietro, avrei perso dei soldi.
– I soldi sono tutto… certo, ma pochi soldi sono niente.
– Pensa per te.

E se il momento fosse quello giusto? Nel senso di dilatare…, rallentare…, evitare…? Caro amico falegname hai mai pensato alla monotonia ripetitiva, all’inconscia compulsione, dei tuoi gesti, delle cose che fai?
– Certo che ci ho pensato. E non vi ho trovato nulla di sbagliato.
– Per assurdo potresti morire ora senza provare rimpianti. Quello che c’era da fare lo hai fatto. Non fai che rifare. Sei un rifacimento.
– Dove vuoi andare a parare? Se qualcuno ci sentisse adesso, proverebbe compassione!
– Non agitarti, ti sto provocando, non te ne sei accorto? Quando ci siamo conosciuti sembravi più sveglio, mas rapido. Voglio dire…, replicare all’infinito le stesse cose, simulando disinvoltura e noncuranza, ti può ancora bastare? L’insoddisfazione ti avrà sfiorato immagino?
– Come per tutti, ogni giorno. E allora? È la norma. Assolutamente nella norma.

Capplegnami_Baires_Esmeralda

Continua a leggere

L’armadio dell’odalisca

Capplegnami_Baires_Enrique_Santos_Discepolo

Il carpintero e l’odalisca. 30 – Uno pseudo viaggio – Un mucchio di donne – Uno pseudo incontro – L’armadio immaginato dell’Odalisca – Il tango è donna – Piacere fisico.

Posso…?
Non farmi niente…!

Uno pseudo viaggio

– Ho intenzione di andare.
– Quando?
– Al massimo entro due tre settimane. Se vuoi venire devi decidere in fretta.
Lo sguardo di Amedeo era determinato, allucinato, pericoloso. Gli capita di rado e quando succede non c’è verso che torni sui suoi passi. Il suo cervello ingombro e affastellato ha già deciso. Amedeo è schiavo del suo cervello. La sua mente decide senza ascoltare le altre parti del corpo a cui non resta che eseguire rassegnate e controvoglia. È sempre stato così: un cervello troppo potente in un corpo troppo debole.

Alla fine, dopo pochi minuti di ricognizione su presente e futuro, anche il possibile secondo viaggio dello scorso anno non si è fatto. Allo stesso modo del primo fra gennaio e febbraio, è rimasto un tentativo di… viaggio, un simulacro di una realtà che si è esaurita. La mezza proposta di andarsene in quell’insolito periodo – primavera a Baires – non ha avuto seguito. Non c’erano i presupposti. Amen.

Amedeo imperturbabile ha trovato la mattinata giusta. Quel giorno il sito Iberia dava ai fortunati che si collegavano una chance imperdibile: poco più, poco meno, di settecentocinquanta euro. Presa al volo… è proprio il caso di dirlo.
Andata e ritorno, Ida y vuelta, un mese meno un giorno, più di quanto servisse, ma andava benissimo come scusa per starsene lontano, lontani, dove il mondo non è uguale, la vita è diversa e l’aria è sempre in movimento…, pur non essendo migliore: Baires… ovviamente, sempre lei la meta, il sogno ricorrente, il posto dove stare senza pensieri, senza pensare. Almeno per chi arriva dall’altra parte del mare.

Lui assieme al suo fastidioso carattere sarebbe partito… Marco Polo, Barajas, Ezeiza, Bernal. Io sarei andato con lui…
A parole, con la testa, solo con quella senza il resto, immaginando giorno dopo giorno, per un mese meno un giorno, di fare quello che avrei fatto se avessi volato sul serio, sopra quello specchio di colore simil ocra, il colore del leon, che si vede guardando sotto, dopo aver sorvolato l’Uruguay: il Rio, il grande Rio così simbolico, così presente, così contaminato e orrendamente umiliato durante gli anni della follia civile.

Capplegnami_Baires_Alfredo_Le_Pera

Continua a leggere

Tacco 9 (nove)

Capplegnami_Baires_Proximo_tren

28.3 – Le scarpe di una milonguera – passport please… – la vacanza sta finendo – in cerca di Bulnes 1011, niente MacBa – subte – per strada – il negozio – los zapatos – en efectivo.

A volte la perseveranza paga…
Non paga…!

Terzo viaggio.

Inizio 2013. Prima di partire.
– Sul serio vai a Buenos Aires?
– Si, non vedo l’ora… fra una ventina di giorni.
– Mi faresti un favore…? Se ti do i soldi mi compreresti un paio di scarpe…?

Le scarpe di una milonguera

La conosco appena, ogni tanto una tanda, qualche tango all’illegal, poco altro. Da non molto ho imparato il suo nome, nel senso che d’ora in poi me lo dovrei ricordare: spero di non sopravvalutarmi. In genere il nome di una persona, di una donna è presto dimenticato: mi entra da un orecchio e mi esce dall’altro. Perché mai io chieda i nomi delle persone continua ad essere un mistero. Lo faccio di rado e ogni volta è la stessa cosa: quella parola è rimossa dai miei files non appena è stata pronunciata. È evidente che il mio inconscio non ne vuole sapere dei nomi altrui, anche perché spesso chi è di fronte non riesce a celare una breve titubanza nel presentarsi, neanche dovesse rivelare la propria età, o altro ancora più legato alla propria privatezza.

D’istinto vorrei risponderle di no. Non mi sento portato per questi favori. Tento goffamente di distoglierla da questo suo desiderio:
– scusa come faccio…, non ho il numero, il modello, il colore…, non saprei dove andare a cercare, Baires è immensa…
Arrampicarmi sugli specchi non è la mia specialità. So che non ne sono capace… ci provo comunque, sempre con pessimi risultati… alla fine capitolo!

Capplegnami_Baires_Partenza

– Non preoccuparti assieme ai soldi ti fornisco io tutte le indicazioni che ti serviranno. Tu non dovrai fare altro che andare all’indirizzo che ti darò, entrare nel negozio ordinare e pagare. Credi ti possano bastare cento euro…? Guarda facciamo così… te li do adesso, tieni…, le altre indicazioni te le faccio avere via email. Grazie, sei molto gentile, sono molto contenta che tu abbia acconsentito a farmi questa cortesia… sai sono le mie scarpe preferite, amo ballare solo con queste, ne ho già consumato due paia e la sola idea di non averne uno di riserva mi fa stare male. Ancora grazie… di cuore.

Continua a leggere

Scarpe (da Tango)

Capplegnami_Baires_Puente_A

20.1 – Scarpe in pausa pranzo – in trappola dentro un condominio – una signora angelo.

Un abbraccio può far meglio di una medicina…
Gli abbracci servono sempre…

Siamo a Riobamba in pieno centro fra avenida Cordoba e Corrientes. Avevo già sperimentato in occasione di una cena a casa di Gabriela che le norme di sicurezza che regolano l’entrata e l’uscita dai condomini di Baires sono molto rigide.

Un sistema basato su logica ed efficacia che alla prova dei fatti si è rivelato pieno di falle: un colabrodo. Qualche giorno fa ho convinto Amedeo ad accompagnarmi da un rivenditore di scarpe da tango: le mie preferite. Come avrei potuto tornare da Baires senza un nuovo paio di scarpe.

Oltretutto il risparmio sul prezzo – parlo delle stesse identiche scarpe: marca e modello – rispetto all’Italia, è esattamente di due terzi. Posso capire i costi di importazione, stoccaggio, assortimento numeri, colori, e modelli…, ciononostante pagare in Italia centocinquanta euro contro i cinquantadue di qui, equivale alla metafora di una “rapina”.

Capplegnami_Baires_Puente_B

Su internet l’indirizzo di questo posto delle scarpe, è indicato al decimo piano. Sarà… – ho pensato. In effetti quando siamo arrivati a destinazione, seguendo alla lettera tutte le indicazioni di Maps sull’iPhone, ci siamo ritrovati davanti alla porta sprangata di un condominio.

Internet segnalava l’orario continuato, quindi anche se in quel momento erano le tredici in punto locali, senza alcuna esitazione, abbiamo suonato il campanello con la sigla composta dal numero e dalla lettera dell’alfabeto riferiti alla ditta di scarpe. Nessuna risposta. Di nuovo, drin… drin… Niente di niente. Cavolo che si fa? Non saremo venuti fin qua per niente?

Continua a leggere

Contabilità argentina I parte

19.0 – Contabilità argentina – otto di sonno – con le scarpe in mano – stereo notturni – uno stormo di draghi – camion e flete – sonno inossidabile – pranzo e cena – rito catartico – borse strapiene.

Balli?
Forse.
Forse quando?
Forse alla fine della coda.

La giornata sta correndo, dopo il pieno di empanadas e dopo avere fatto i piatti, mi fiondo fuori sulla sdraietta, vicino alla fontana, nel cavedio di questa casa bianca. Le canne di bambù mi riparano dalla luce a picco del sole e dal suo calore. È l’ora di una breve siesta, resto in dormiveglia, tento di resistere, non voglio assopirmi.

Amedeo per fortuna chiama. È pronto uno dei caffè pomeridiani. Sorseggio facendo attenzione, accosto le lebbra ai bordi bollenti della mia mug, colma fino all’orlo, del solito acquoso caffè che mi piace bere.

Sono venuto in questo sur per fare il pieno di tango: a tutte le ore, sempre pronto con le scarpe in mano.
Tango…?

Vorrei tentare di far di conto sul mio tempo a Baires.

Le ore di sonno sono circa otto cada dia.
Fin da piccolo ho imparato a dormire senza lamentarmi anche su superfici dure, piastrelle, assi di legno, per terra sull’erba. Ciò nonostante dopo un paio di settimane e più, non mi sono abituato al nuovo materasso porteño. Sarà il caldo: è intenso anche di notte e la ventola coloniale al soffitto della mia camera, aiuta poco. Dopo alcune notti Amedeo si è deciso a mettere in funzione la climatizzazione. Non capisco perché non lo abbia fatto prima. Non glielo chiesto.

Continua a leggere

Carmen e la “fountain”

Il carpintero e l’odalisca. 10 – Carmen e la “fountain” – il peso dei libri – scarpe in vendita – niente ascensore – ricca e laureata – a letto? Spirituale – becero abbozzo – tutto e subito – indole e desiderio – latrine e civiltà – gente semi-umana – tre scalini alla volta.

Un abbraccio non basta.
Si… serve altro.

– Ciao.
– Chi sei?
– Come chi sono…!? Nemmeno mi saluti…! Carmen…!
– Carmen? Ciao, come stai?
– Ah… ti ricordi un po’ di buone maniere.
– Ogni tanto… e tu ricordi che non mi hai mai dato il tuo numero?
– Non me l’hai mai chiesto.
– Lasciamo perdere. È da un pezzo che non ci sentiamo.
– … che non ci vediamo. Aggiusti ancora mobili?

– Qual’è il problema?
– Lo scaffale dove tengo i libri si è inclinato. Sta per cedere. Forse il peso, forse i libri. Ne ho messi troppi. Se dovesse sfasciarsi non saprei cosa fare, dove metterli.
– Comprane uno nuovo.
– Sono affezionata a questo. Era di mia nonna. Credo sia in legno di ciliegio.
– Butta i libri già letti…
– Casomai quelli da leggere… Quelli che ho letto sono un pezzo di me, del mio corpo. Non potrei buttare una mano, un piede, neanche volessi. E non voglio. Mi appartengono. Gli appartengo. Ti pago… non ti preoccupare. Mio padre è morto, non sei venuto al funerale.
– Non sapevo. Da molto ho smesso di leggere giornali. Gli annunci di morte non li ho mai letti.
– Ora sai… Ho ereditato. Quando passi?

– Quanto mi dai?
– Quello che mi chiederai. Ti ho chiamato perché ho delle cose da dirti.
– A me? Dopo anni?
– Il tango: ho un problema.
– Ancora con il tango? Non avevi smesso? Ricordo che avevi messo in vendita tutte le scarpe. Ne comperavi un paio a settimana, pensando che imparare a ballare dipendesse da quelle.

– Come stai a donne? – Silenzio. – Sei innamorato?
– No.
– Ah… che stronzo. Questa volta chi sarebbe? La conosco? Quanti anni ha?
– Vengo dopodomani, presto, al mattino. Dove abiti adesso…?
– Sempre a Montserrat, la quadra a metà fra San Telmo e l’Avenida De Mayo. Non puoi sbagliare, terzo piso. Tu suona e io verrò giù ad aprirti. Non c’è ascensore. Se vieni possiamo mangiare qualcosa assieme.
– Gentile.
– Ti aspetto.

Continua a leggere

Profumi e tacchi

9.3 – Profumi e tacchi – capelli in fumo – talloni sospesi – alfabeto morse.

Vuoi che ti inviti?
È meglio di no. Il rischio di rovinarmi la milonga sarebbe troppo alto. 

Non di rado i profumi sono talmente intensi da essere scambiati per fastidiosi odori. Essenze esotiche, sempre fuori luogo ed eccessive, tanto che per ballarci, o sacrifichi l’abbraccio, o servono filtri alle narici. 
Ovviamente – per entrambi – basterebbe una doccia fatta non la mattina di quel giorno, ma mezz’ora prima di entrare in milonga.

L’insidia più pericolosa per un tango ballato bene è costituita dall’alito non in ordine. Il buon senso imporrebbe ad ognuno l’obbligo di auto monitorarsi e fare grande attenzione agli alimenti assunti. Anche le sigarette andrebbero evitate. Una consistente percentuale di fumo si deposita sui capelli permettendo ai residui di nicotina di interagire negativamente con un abbraccio decente.

Al sur del corpo si trova l’arma, considerata infallibile, su cui ogni donna può contare per rendersi, in primo luogo unica e di conseguenza desiderabile: le scarpe.
 L’idea che siano le scarpe ed i loro tacchi da vertigine ad alzare la percentuale di possibilità di poter ballare con pienezza e continuità, durante una serata, è molto diffusa.
 E così potrebbe anche essere.

In fin dei conti, salvo eccessi di conclamato estremismo nel perseguimento del cattivo gusto, le scarpe a tacco alto sono da sempre considerate come una specie di porto franco accettato, dove qualsiasi stravaganza concettuale è permessa e incoraggiata.

E oltretutto sembra che per la donna, il poter ballare con i talloni sospesi e appoggiati, sia una discreta facilitazione.
 Il punto non è tanto il ballo ma lo spostamento durante le pause della musica. Camminare con i tacchi è molto più difficile e impegnativo. Molte donne non lo sanno fare.

La leggerezza e flessuosità mostrate durante una tanda, si tramutano al di fuori di essa, in un’andatura incerta e sgraziata.
 Credo basterebbe ridurre. Passare da un tacco dodici o dieci ad un tacco sei o sette. Facendo però grande attenzione a che il tacco sia sempre molto sottile. Il fascino non ne risentirebbe e la grazia complessiva aumenterebbe.

È notte fonda, fuori la brezza muove le foglie senza sosta, – neanche fossero dentro uno stadio a fare la ola – la luce fioca dei lampioni sulla strada si trasforma sulle pareti in un segnale intermittente filtrato dai vetri colorati e socchiusi della mia camera come alfabeto morse di ombre e lampi.

Non sento più nostalgia, mi pare di cominciare ad amare questo posto: a conti fatti non mi sarebbe dispiaciuto esserci nato e cresciuto.

L’iphone è giù di batteria. Non ne vuole sapere di continuare a stare sveglio con me. Smetto. Anch’io ho sonno e sono stanco. Domani, oggi in effetti, avremo gente a pranzo. Sto già dormendo.

Link: Estetica e senso pratico 9.0Eleganza e appariscenza 9.1Reti da pesca 9.2

Un tango alla volta…

Nome: Ela es asi
Genere: Milonga
Anno: 1938 ?
Compositore: Manuel Carretero
Letras: Luis Martino
Orquesta: Edgardo Donato
Canta: Horacio Lagos
Registrazione: 1938
Ballano: Noelia Hurtado y Pablo Rodriguez – 2007

Eleganza e appariscenza

9.1 – Eleganza e appariscenza – aggiungere e togliere – condivisione e appartenenza – uomini e lutto permanente.

Vuoi ballare?
Non ce la faccio. Sono stanca.
Ma come…? Fino ad ora non hai fatto altro…?!
Appunto.

L’eleganza nel tango non sta di certo nel modo di abbigliarsi. Intrinseco al tango dovrebbe essere il concetto di eleganza, spesso confuso con l’apparenza e pertanto oggetto di grossolani fraintendimenti.

Si tratta invece di un modo di essere, di parlare, di muoversi: rientra nel novero delle qualità innate. Non è per questo che chi ne sia sprovvisto debba ricorrere al harakiri. È una questione di stile che ognuno di noi si porta dietro come un’ombra in primo piano, come un marchio indelebile, difficilmente migliorabile, facilmente peggiorabile.


Tratto da “The Tango Lesson – Lezione di Tango” film del 1997 della regista inglese Sally Potter. Film semi autobiografico sul tango argentino. Protagonisti: Sally Potter y Pablo Verón, con Gustavo Naveira, Carolina Iotti, Fabián Salas y Carlos Copello.

Brano: Milonga de Mis Amores – Orquesta: Juan D’Arienzo

 

Un gran numero di persone di tango ritiene addirittura che l’eleganza sia incrementabile operando delle aggiunte al proprio bagaglio di appariscenza. Meglio sarebbe togliere piuttosto che aggiungere: eliminare ogni ornamento, orpello, bigiotteria.

L’eleganza si farebbe essenza, del tutto propria, non condizionata dagli eventi, dall’ambiente, dalla moda. Esattamente quella fornitaci in natura, non condizionata da modelli infestanti, insistenti, subliminali che vorrebbero darci la pseudo certezza di essere parte di un gruppo condiviso: una delle ossessioni più evidenti dei nostri tempi.

L’attuale facilità tecnica a poter comunicare, a mettersi in contatto, ha enfatizzato in modo abnorme questa propensione. Non troppo diversamente dalle sardine, dai già citati storni, dalle pecore. Fare parte di una consorteria è ritenuto indispensabile e vitale, e la rinuncia ad un pezzo di individualità è considerato come il male minore, se non il bene maggiore.

Nel tango, a parte l’esserci ad ogni costo dentro i social network più in voga (utile e divertente), l’esempio più eclatante di questa frustrante ricerca di elementi che esprimano appartenenza e condivisione è la permanenza stabile e continua in uno stato di pseudo lutto del sessanta per cento circa degli uomini e di una buona minoranza di donne.

Tutti in nero! La lista dei parenti dei milongueros che ogni settimana, lasciano serenamente questo mondo, sembrerebbe pressoché senza fine.

Il nero, per quel che riguarda i maschi è spesso (non sempre) dozzinale: sembra trattarsi di fondi di magazzino o svendite di discutibile qualità, senza parlare poi degli sciagurati accostamenti! Neri di svariate sfumature sovrapposti uno all’altro con noncuranza ed insipienza, dal taglio tipico di un maestro d’ascia piuttosto che di un onesto sarto.

A tale cospetto perfino le tenute da rodeo appaiono paladine di buon gusto e sobrietà.

Giacche sbilenche che pendono e tirano da ogni lato, bottoni da circo, singolari camice da coatti – nate e tagliate per essere infilate dentro i calzoni – indossate con orgogliosa disinvoltura all’esterno degli stessi, con gli angoli arrotondati che lambiscono la mediana dei femori.

Le scarpe da tango per uomo sono reale segno di riconoscimento e punta avanzata della pacchianeria. Va detto che questo default dell’essenzialità, senza con questo indulgere verso gli acquirenti, è da attribuirsi innanzitutto ai produttori di tali scarpe le cui collezioni hanno come riferimenti unici: smodatezza e sfarzosità.

Link: Estetica e senso pratico 9.0 – Reti da pesca 9.2 – Profumi e tacchi 9.3

Un tango alla volta…

NomeCite Tango
Genere: Tango Nuevo
Anno: 1977
Compositore: Astor Piazzolla
Orquesta: Astor Piazzolla feat. Gotan Project
Registrazione: 2004
Ballano: Eugenia Parrilla y Mariano Chicho Frumboli – 2001