Giovani milongueros a San Telmo

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27.2 – Un cane al guinzaglio – non conosco nessuno – non è tecnica è naturalezza – un cappello rovesciato in mano – l’assenza: di sentimento – il tango è fra due persone – in piedi per tutto il tragitto.

Non voglio trattenerti… è tardi…
Uff… adesso mi preparo…

Terzo viaggio.

– Aspetta… hanno rimesso la musica: tango. Forse riprendono a ballare…
– No, io vado, sono stanco, ho fame di gelato, voglio arrivare a Bernal e farmi una coppa da Bastiano.
– Amedeo sei come i bambini.
– Cioè… come sarebbero…?
– A tua immagine…, impazienti e fragili…

– È tutto il giorno che ti seguo come un cane al guinzaglio, in lungo e in largo per Baires, prima in quel cavolo di posto a Dulmes per le scarpe, poi al museo…
– Al museo ci sei voluto andare tu.
– Che centra faccio per dire che ci siamo stati, e che non ci siamo fermati un attimo, adesso a San Telmo… Avrò diritto di tornarmene a casa… o no?!
– Bueno… fai quello che vuoi…

– Non te la prendere, io adesso vado. Appena arrivo, mi metto tranquillo, di fuori su un tavolino. Da Bastiano c’è il wifi, con Viber chiamo la morosa prima che vada a letto, ci parlo… dieci minuti…
– Vorrai dire mezz’ora… se basta.
– Che differenza fa, ti aspetto lì, non tardare, ricordati che alle otto hai la lezione al circulo.
– Si papà… a dopo allora. Ah lasciami delle monete, se la tessera della Sube la tieni tu ho bisogno di spiccioli per l’autobus.
– Domani andiamo al Correo Central e facciamo un’altra tessera.
– Intanto dammi qualche moneta, per domani ci penseremo.

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Sono solo, non conosco nessuno, conosco solo lei la mia adorata plaza Dorrego. Il tango che sto sentendo è La Cumparsita, una versione nota. Ho un blocco, non riesco a collegarla all’orquesta che la sta suonando. Non importa, anche con questo impianto fai da te a batterie, low-fi che di più non si può, è bellissima.

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I vinili di San Telmo

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27.1 – Cruz del sur – ballarci sopra impossibile – ho trattato senza esagerare – esecutori testamentari – i mosaici di Pompei e Aquileia – mi sa che adesso ce li vuole vendere – hanno rimesso la musica: tango.

Chissà quando potrò di nuovo ballare con te… Fra un secolo?
Vedrai che non passerà un secolo…

Terzo viaggio.

Primo pomeriggio di un giorno feriale, siamo a San Telmo, di passaggio. Insolita occasione per venire da queste parti: l’abitudine comanda le nostre scelte. Ci sarebbe tanto da vedere che non ho ancora visto, Baires è a perdita d’occhio, eppure…

San Telmo, il più antico barrio di Baires è la Cruz del sur di questa terza permanenza sulle sponde, non lontane del Rio.

Nella piazzetta fra i tavolini di turisti distratti e sfiniti, due tratti di linoleum stesi sulle mattonelle. Non aderiscono perfettamente al pavimento, sono pieni di buchi e squarci, sembrano quadri di Fontana buttati per i troppi tagli. Sono ondulati ed i segni delle pieghe sono dappertutto.

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Ballarci sopra impossibile. Qualsiasi tanguero di casa nostra inorridirebbe rifiutando ogni tentativo, fosse anche per provare un solo passo. Invece questo è il chiaro segno, che per la gioia e la curiosità dei passanti e dei fanatici di tango, i giovani milongueros vengono in questa piazzetta a esibirsi non solo di domenica: è sufficiente un po’ di suerte per indovinare l’ora ed il giorno giusti.

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Le librerie di Baires

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27.0 – La curiosità prima di tutto – una specie di attrazione, una giostra – profonda superficialità – un mucchio di parole ferme – trovare un libro è impossibile – capanne di legno stracolme – il prezzo apparentemente non è fisso.

Nello stesso identico modo di un mese fa… in più solo dettagli…
A
ltri modi di vedere e di gestire le relazioni… mi stendo un pò…

Primo, secondo e terzo viaggio.

Le librerie di Baires si fanno cercare più del tango. Non è difficile trovarle. Ce n’è sempre una dove meno te l’aspetti. A una o due quadras o dies, non lontano, sulla via per raggiungere la meta, una qualsiasi meta di un giorno qualsiasi.

Camminando con un cono di gelato a dare sollievo alle labbra, la vetrina di uno di questi negozi di carta impone sempre uno stop, mai breve. Guardarci dentro è un’aspettativa. Il riflesso della luce sui vetri è irriverente. Obbliga il corpo a cambiare la sua angolazione, affinché l’ombra che proietta annulli l’effetto del riflesso. Gli occhi si adattano come quelli di un barbagianni.

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Il primo sguardo è spontaneo: tralasciare i libri, la curiosità prima di tutto. Forare i vetri con gli occhi e infilarli fra le fessure di spazio lasciate libere dai volumi esposti.

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