Vals o milonga?

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23.2 – Barrio degli italiani, dei genovesi – giornali scaduti – birra come fosse champagne – invitata a man bassa – le scarpe mi fanno impazzire – dopo il grande freddo – fermarsi fino alla chiusura.

Quando torno balliamo.
Quando…?

Secondo viaggio.
Buenos Aires non può essere presa sul serio perché non è mai uguale a se stessa. I suoi riferimenti cambiano ad una velocità superiore a quella del tempo. I suoi luoghi hanno perso la connotazione originale e sono altro: La Boca era il barrio degli italiani, dei genovesi. Pur continuando ad essere la zona franca dell’immigrazione, haora è rifugio sicuro per paraguagi ed altre genti sudamericane.

Gli immigrati, nostri ex connazionali hanno mantenuto il cognome originale di marca italiana, mentre per i nomi, sono stati adottati, per decreto o per omaggio alla nuova patria, quelli di matrice spagnola: ci sono mille Juan, nemmeno un Giovanni.

Camminando lungo Corrientes abbiamo incontrato un’edicola sui generis: in vendita solamente copie di giornali scaduti. Numeri pubblicati molti anni addietro, fino ottocento, primi novecento o in date salienti della vita e della storia di questa città: emblema e sinonimo assoluto di Argentina.

Questo paese probabilmente non esisterebbe se Baires non fosse state fondata. Baires ha la suerte dalla sua parte. Il tango, senza nulla pretendere in cambio, le ha donato il privilegio di essere la città più bella della via Lattea, perché qui c’era già tutto: per fecondare, crescere e creare.

Incantesimo o destino: come ad Atene ai tempi di Pericle, o a Firenze durante la guida di Lorenzo il Magnifico, o nella Parigi dei primi novecento all’epoca delle avanguardie storiche.

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Vedi – mi dice Hector Bossi, un milonguero di circa settant’anni ottimamente portati, impeccabile nel suo blazer blu, che tre sere fa ci ha accompagnato con la sua macchina al Club Gricel, uno dei posti sacri, laicamente parlando, della tangueria di Baires, fra Boedo e San Cristobal – negli anni quarenta y cinquenta è successo di tutto.

C’è stata una così alta concentrazione – continua Hector – di talenti, autentici geni della musica, della poesia e della prosa, che mai più si potrà ripetere. L’economia tirava, i soldi giravano, tutti erano preda dell’esaltazione.

Hector si infervora: ha ordinato un vassoio di vari stuzzichini e la solita birra da litro che ci viene servita come fosse champagne, dentro un recipiente pieno di ghiaccio.

Pur avendo cenato, guardiamo con molto interesse questo piccolo parterre di cose buone al centro del nostro tavolo. L’interesse resterà tale, perché Hector, eccitato, ad ogni parola pronunciata con tono sempre più alto per via della musica, inizia una capillare azione di innaffiamento con la propria saliva nebulizzata, che investe tutto ciò che incontra nel raggio di mezzo metro.

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Noi ci siamo subito messi a distanza di sicurezza, i finger foods, purtroppo no. Resteremo a digiuno e imbarazzati per tutta la serata, non sapendo cosa inventare per giustificarci e rendere vani i continui inviti del nostro anfitrione a condividere con lui la gustosa e umidiccia comida.

Nel mentre, Costanza, la nostra ospite non ancora arrivata al culmine della sua azione di massacro delle nostre parti più preziose, viene invitata a man bassa dai solteros de La Gricel a onorare i bellissimi tanghi che il musicalizador ha scelto per la serata.

Alla fine della prima tanda, durante l’accompagnamento al tavolo, il complimento che riceve dall’uomo, paonazzo in volto per la fatica, che ha cercato di farla ballare è: – sei una bella donna, e anche una brava ballerina… di… rock and roll…

Ha incassato senza apparente turbamento. Per un brevissimo lasso, dicasi un attimo, ha ceduto al suo ostinato autocontrollo e ha provato l’ebrezza di riderci sopra, sganasciandosi e scherzando. Anche a lei impenetrabile nella sua corazza a 360 gradi, l’aria porteña deve aver giovato.

Non è finita. Dopo un po’ si fa avanti un altro volontario del posto per portarsela a ballare. Alla fine dei tre brani, con evidente imbarazzo per le sue ripetute incertezze, è lei che si spiega per scusarsi: – desculpe, non sono molto pratica a ballare la milonga.

Il volontario più sconvolto che mai per l’esperienza appena vissuta, le risponde con uno stretto sorriso: – peccato che quelli che abbiamo appena tentato di ballare erano tre vals.

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Lei, guance rosso fuoco tendente al viola blu, con un mezzo inchino di circostanza si accomiata sedendosi al tavolo: – stasera le scarpe sono talmente strette che mi fanno impazzire…

Hector, riferendosi all’epoca d’oro del tango: – dopo il grande freddo degli anni settanta, oggi da circa due decadi stiamo vivendo di rendita, di quella rendita… la stiamo consumando.

Ero bambino: ricordo molto bene. Ogni giorno nascevano nuove orquestas tipicas. Musicisti e cantanti passavano da una all’altra come nulla fosse. Io stesso giovanissimo ho imparato a suonare il bandoneon. Ho cominciato a ballare molto presto: come vedete, continuo a farlo tutt’ora. L’amore per il tango dura tutta la vita.

Fa freddo, chiedo alla cameriera di deviare verso l’alto l’aria condizionata. Mi risponde di no. Mi devo arrangiare. Peccato per questo inconveniente. Il Club Gricel è un bel posto, la fama di cui gode non è esagerata. Il locale è vecchio e consunto, tutto sa di tango autentico e popolare: nessun artifizio, nessun modernismo.

Rincasiamo molto tardi insistendo a lungo con Hector. Lui come tutti gli altri porteños vorrebbe fermarsi fino alla chiusura: alle quattro. Cede per compassione, ci riaccompagna un’ora e mezza prima, non senza dispiacersi per la serata, secondo lui, interrotta nel momento migliore.

Stamani ho visto per la prima volta un colibrì. È entrato in cucina passando per la veranda spalancata. Una scheggia sospesa a mezz’aria. La sua visita è durata un attimo.

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Link: Due stanze in sei 23.0 – La Chacarita 23.1

Un tango alla volta…

Nome: El pollito
Genere: Tango
Anno: 1927 ?
Compositore: Francisco Canaro
Orquesta: Carlos Di Sarli
Registrazione: 1947
Ballano: Cristina and Homer Ladas – 2007 (Didactic Tango Class Demo)

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