Un tango vale l’altro

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29.2 – Che fare? – Le orquestas – Il punto non è questo – Un tango… non… vale l’altro.

… Gustare tutto al momento… che c’è di meglio?
Niente che conosca…

Una persona amica mi ha chiesto cosa ne pensassi. Si è rivolta a me – sopravalutando le mie capacità – per avere un consiglio e una traccia alla comprensione ed alla “classificazione” (brutta parola) delle orquestas de tango.

Che fare?

Non ho la più pallida idea di come si faccia. Il mio apprendimento è stato sul campo: poca teoria (pochissimo studio), tanta pratica (tantissimo ascolto). L’idea, che alla fine mi sono fatto si basa su pochi concetti empirici i cui margini sono dilatati e aperti ad ogni genere di infiltrazioni.

Ho scelto le scorciatoie dell’intuito, dell’orecchio e del gusto, arrivando, come chiunque altro può aver fatto, a preferenze personali e quindi opinabili. Di conseguenza l’attendibilità è posta in secondo piano, sostituita da scelte e opinioni del tutto individuali.

La musicologia…? Quella legata al tango… Di che si tratta? Cosa e come rispondere… non saprei. Salvo agli addetti, non credo interessi a molti, giusto o sbagliato che sia.

Capplegnami_Baires_Francisco_Lomuto

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La Chacarita

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23.1 – corpi senza anima – marmo bianco di Carrara – los otros donde están? – non ne conosco uno – non riesco a ricordare – più giù non si va – deviazione in un ramo secondario – tifosi che omaggiano il defunto – torno tra i vivi.

Balliamo?
Non fa niente se non balleremo…

Secondo viaggio.
Subte per La Chacarita il più grande cimitero di Baires e del Sudamerica, per un saluto da vicino alle spoglie di Osvaldo Pugliese e compagni.
L’entrata principale è in stile aulico. Appena dentro: le tombe monumentali. I cognomi sono in maggioranza di origine italiana. La sensazione è di pace e tranquillità: non scherzo, è proprio così. La vastità del posto, e la quantità di marmo scuro lavorato, influiscono sullo stato d’animo. La morte si vede e si sente.

I viali fra le file di monumenti funerari sono più larghi di quelli di Recoleta. Allungo lo sguardo, trovo una dirittura libera: la vista si perde, i confini di questo immenso recinto di corpi senza anima vanno oltre i miei occhi.

Abbiamo camminato un centinaio di metri: da che parte procedere? A chi chiedere…? A quel signore con la barba grigia e gli occhiali. Sembra gentile e ben disposto. Proviamo. Ci risponde con la sicurezza di chi sa, e con la disponibilità di chi vuole dare una mano: – vi accompagno io.
Sorpresi, acconsentiamo: avremmo preferito muoverci in libertà senza nessuno fra i piedi.

Ci racconta del nonno calabrese arrivato da queste parti nei primi del novecento. Amedeo un po’ ingenuamente gli chiede se è un addetto del cimitero. Certo che no – risponde – faccio l’avvocato e sono qui per fare visita ai miei cari.

Giungiamo ad una esquina: base in marmo bianco di Carrara, numerose targhe, una appiccicata all’altra, statua in bronzo oversize ben oltre la grandezza naturale. Siamo davanti alla tomba di Carlos Gardel, il zorzal di Buenos Aires, uno dei simboli di queste città, colui che contende ad Evita e Messi, il primato di persona più amata dagli argentini.

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Il nostro Virgilio avvocato ci racconta aneddoti e dettagli: molti sono di pubblico dominio. Non importa, siamo contenti, perché è entrato nella parte e la sua voce è suadente e facile da ascoltare e anche da capire. Ci indica con l’indice, la cicca di una sigaretta vera, con il filtro amarillo, presente come vuole la consuetudine, in precario equilibrio fra le enormi dita in bronzo della statua.

E los otros? – Gli chiedo – Donde están?

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